Don Diana ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 - .
«Don Diana era un camorrista». Questo titolo, che apparve il 28 marzo 2003 sul Corriere di Caserta, a nove anni dall’assassinio del parroco fatto ammazzare dal clan dei Casalesi il 19 marzo 1994, oggi suona quasi al pari di una bestemmia. Dopo 21 anni, un giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha decretato che quella titolazione è diffamatoria nei confronti del sacerdote di Casal di Principe. Il magistrato ha condannato la società Libra Editrice, che edita il quotidiano casertano, e l’autrice dell’articolo, Maria Concetta Palomba, al risarcimento del danno non patrimoniale nei confronti di Emilio e Marisa Diana (fratelli di don Diana).
Quello pubblicato dal giornale del Casertano (che oggi si chiama Cronache di Caserta) è, per il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, un titolo che sottintende «un chiaro intento della scrivente giornalista di infangare la memoria di Don Peppino Diana». Già nel corso di una conferenza stampa tenuta nel novembre del ‘97 in occasione dell’arresto dei presunti mandanti e assassini di don Diana, l’allora procuratore di Napoli, Agostino Cordova, ipotizzò – citando la testimonianza del collaboratore di giustizia, Giuseppe Quadrano, autore materiale dell’omicidio − che il parroco fosse stato ucciso anche perché aveva custodito delle armi per conto di una fazione del clan dei Casalesi durante una guerra di camorra interna alla cosca. «È un’insinuazione altamente infamante», insorse l’allora vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro.
Negli anni, il Corriere di Caserta ha pubblicato diversi articoli su don Diana che hanno destato estremo scalpore. Uno in particolare è rimasto impresso nell’immaginario collettivo: «Don Diana a letto con due donne», il titolo. Nel corso delle indagini e dei processi sul suo assassinio, la sua immagine pubblica fu infatti più volte sporcata dalle ipotesi più fantasiose.
Sull’autore di Per amore del mio popolo, la lettera che il sacerdote diffuse nel Natale del ’91 con i parroci della forania di Casal di Principe, si è detto e scritto di tutto. Dimenticando la sua accorata denuncia della camorra e la sua chiamata, rivolta alla comunità cristiana locale, a «una testimonianza coraggiosa». Proprio per quei titoli così discussi, il Corriere di Caserta è stato diverse volte accusato dallo scrittore Roberto Saviano di essere a tutti gli effetti contiguo alla camorra.