Mettono oggettivamente i brividi le immagini, rilanciate ieri per tutto il giorno da media e social, della commemorazione di Acca Larentia. Quei corpi perfettamente allineati a centinaia e quel grido («Presente») che rimbomba in una fredda serata romana ci ricacciano indietro. A un passato che mai vorremmo rivedere, quello degli “anni di piombo” e delle esasperate contrapposizioni destra-sinistra, e a un altro ancora più antico e tragico, quello della Seconda guerra mondiale.
La legittima commemorazione di tre giovanissimi le cui vite (come tanti purtroppo in quell’epoca) furono bruciate sull’altare di una violenza efferata quanto insensata dovrebbe servire prima di tutto a evitare che quel clima possa riproporsi.
Quelle immagini nostalgiche dimostrano un malriposto sentimento identitario e un bisogno di appartenenza che, ai tempi nostri, dovrebbero trovare però forme diverse di espressione. Per questo stona il silenzio della premier Meloni e dei vertici governativi, interrotto solo dalla nota del partito che se l’è presa con «la solita ipocrisia della sinistra», sostenendo che è da quel lontano ‘78 che si celebra in tal modo quell’eccidio. Anche qualora fosse così, non ci si può rifugiare però dietro una “banale” sovraesposizione mediatica quest’anno.
Quelle immagini restano in ogni caso stonate. E lo sono ancor più, semmai, ora che quella cultura, una volta minoritaria e in cui sono maturati esponenti che si trovano ai vertici delle istituzioni, è approdata al governo della nazione. Crescere da sempre vuole dire allontanarsi da certi comportamenti. Per questo è importante che certe immagini e certi gesti restino il più possibile lontano da chi è chiamato a governare. Oggi e per sempre.