Il presidente del Forum delle associazioni familiari Adriano Bordignon
Escludere gli investimenti per sostenere la natalità dal calcolo del debito pubblico, così da avere maggiore libertà di spesa con le leggi di bilancio, senza incorrere nei richiami dell’Europa in caso di sfondamento dei limiti del Patto di Stabilità. A chiederlo, rivolgendosi al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, affinché si faccia portatore di questa istanza in sede europea, è il presidente del Forum delle Associazioni familiari, Adriano Bordignon. Un appello che arriva nel momento in cui in Europa da un anno e più è in corso il confronto sulla riforma del Patto, sospeso nel 2020 per concedere ossigeno finanziario alle economie dei Paesi colpiti dalla pandemia di Covid-19.
«In più occasioni l’Italia ha proposto di riformare il metodo con cui calcolare il debito pubblico escludendo le spese legate ad alcuni investimenti, come quelli per le spese militari e la transizione ecologica e digitale, in modo da poter continuare a spendere in questi settori senza che la spesa venga computata nel debito», ha argomentato Bordignon, ricordando che nel dibattito è sempre stata «lasciata da parte la questione strutturale dello squilibrio demografico che coinvolge tutta l’Unione, ma con effetti di particolare gravità e cronicità proprio l’Italia». Un errore, per il Forum, se si tiene conto che «le proiezioni demografiche stanno condannando il nostro Paese verso voragini di insostenibilità nel contesto sanitario, sociale, previdenziale, ma anche sul Pil e sullo spopolamento delle aree interne e meridionali».
La richiesta è di escludere le spese per la natalità, o quantomeno fare in modo che vengano considerati “fattori mitiganti”, cioè «rilevanti per giustificare un eventuale mancato rispetto dei parametri».
Il tema è delicato, se si tiene conto che l’Italia è sotto procedura d’infrazione per la riforma dell’Assegno unico. La Commissione Europea contesta il fatto che per ottenere il contributo sia necessario essere residenti in Italia da almeno due anni, e perché è stato previsto il requisito della convivenza dei figli, due aspetti considerati discriminatori. Il governo, e lo stesso Forum, non condividono questi rilievi, ma il caso dimostra come il confronto con Bruxelles non sia semplice quando si tratta di definire che cosa si intenda per investimenti finalizzati a rilanciare la natalità e che cosa, invece, debba essere considerato politica sociale.
«I problemi annuali che si presentano a ogni Legge di Bilancio quando si tratta di attivare significative politiche nataliste – ha spiegato Bordignon - non verranno risolti se non si riesce a cambiare le regole contabili europee, facendo rientrare le spese demografiche nella categoria degli “investimenti” e non in quella dei “costi”. Per questo auspichiamo che il ministro Giorgetti possa portare la questione della denatalità in sede di Ecofin, in modo da sensibilizzare i ministri dell’economia europei, per prevedere l’inizio di una programmazione e una strategia condivisa. La questione demografica, da Trattato, è rilevante a livello europeo in quanto incide sotto il profilo della sostenibilità, della coesione economica, sociale, dell’equilibrio intergenerazionale per uno sviluppo sostenibile, nonché dello spopolamento delle aree rurali come fattore di instabilità geopolitica».
Per l’Italia, che storicamente sconta una certa fatica nel considerare prioritari gli investimenti a favore di misure capaci di affrontare concretamente la questione demografica, si pone da tempo il problema di come fare per aumentare la spesa destinata alla politica familiare, portandola al livello dei Paesi con un welfare o un sistema fiscale più generoso per i nuclei con figli, senza doversi confrontare con i vincoli di bilancio. Secondo le rilevazioni dell’Ocse, tra contributi diretti, servizi e sconti fiscali, l’Italia nel 2021 spendeva in sostegni familiari l’1,4% del Pil: solo sei Paesi sui 38 considerati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico destinano meno. La spesa previdenziale nel 2022 incideva invece per il 16% del Pil.