sabato 18 giugno 2016
Per il Pd Milano e Torino decisive. Il futuro politico di Berlusconi passa per Parsisi. La scommessa di De Magistris di un'alternativa a sinistra.
Ballottaggi in 126 città, alle urne 8,6 milioni di italiani
Comunali, i nodi politici del voto nelle metropoli
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Più Renzi e il governo assicurano che si tratta solo di un voto locale, più in realtà ammettono che domenica sera potrebbe cambiare nuovamente la geografia della politica nel Paese. Tanti i fattori di rischio per il Pd, che parte in svantaggio nella capitale, rischia a Milano e teme anche a Torino. Per il premiersegretario, dopo un primo turno in cui, tra le grandi città, ha già perso Napoli, un 'pareggio' sarebbe già un sollievo (e per pareggio si intende la vittoria a Milano, Torino e Bologna lasciando agli avversari solo la Capitale). Le pressioni stanno da una sola parte, pesano tutte su Renzi. Il centrodestra ha meno da perdere: ha una grande sfida nel capoluogo lombardo da giocarsi fino in fondo e appena qualche settimana fa sembrava impossibile. E in fondo anche in M5S i nervi sono rilassati, a meno che il dem Giachetti non faccia «l’altra metà del miracolo» (la citazione è del premier) e mandi Raggi e il Movimento sul lettino dello psicanalista. Gli scenari nelle metropoli e i risvolti nazionali sono tutti da valutare, dunque. E nessuno può escludere che da lunedì parta una lunga corsa verso il voto anticipato nel 2017 con la tappa spartiacque di ottobre, quando il Paese dirà «sì» o «no» alla riforma costituzionale. Il premier tiene questa carta in tasca ed è pronto ad agitarla contro la minoranza dem. A ROMA ESAME PER REFERENDUM E M5S Non c’è città che possa esprimere meglio della Capitale gli umori verso il referendum di ottobre. Perché è a Roma, più che altrove, che si potrà valutare la forza dell’'alleanza antirenziana' tra grillini, berlusconiani, leghisti e destra tradizionale. Certo, tali considerazioni generali andranno depurate dalle peculiarità del voto nella Capitale, che arriva dopo Mafia capitale e due gestioni finite male, una di centrodestra (Alemanno) e una di centrosinistra (Marino). I flussi di elettori che andranno da destra verso Raggi andranno analizzati per bene. Allo stesso tempo, i romani risponderanno ad una domanda che da tempo i leader M5S si pongono: «Il Paese ci vede come forza di governo?». Domenica avranno una risposta. MILANO, SENTENZA SU CENTRODESTRA Beppe Sala è il candidato-sindaco del Pd sul quale Renzi ha messo la faccia in modo fortissimo. È lui l’emblema di un Partito democratico che si allarga al centro e prova a parlare ai moderati e ai ceti produttivi. Sala, mister Expo, è il dirigente politico esemplare del futuribile Partito della nazione. Se vince, resta in piedi un progetto politico. Se perde, quel progetto sarà forsennatamente attaccato dalla minoranza dem. Ma Milano è un crocevia anche per il centrodestra unito. La candidatura di Parisi è decisamente nella scia del Ppe e la coalizione è a trazione forzista, non leghista. Berlusconi, con questa vittoria, potrebbe fermare le ambizioni da leader nazionale di Salvini e richiamare a sé i tanti cespugli centristi. Mettendo in crisi anche le forze politiche moderate che ora sostengono il governo. NAPOLI PROVA PER SINISTRA POPULISTA? Dal primo turno Renzi ha ricavato almeno una indicazione positiva: nel Paese non sembra esserci molto spazio per la sinistra radicale rappresentata da Fassina in politica e da Landini nel sindacato. Napoli, però, con De Magistris fa eccezione: la sua piattaforma di sinistra, innervata di populismo, protesta e autonomismo aggredisce l’elettorato dem deluso e anche la base M5S. Lettieri, che non ci sta a fare la parte della vittima predestinata, non a caso punta tutto su un concetto: «Sono io la barriera contro la deriva dell’antipolitica». E così prova ad aggregare la classe dirigente tradizionale di centrodestra e centrosinistra. TORINO E BOLOGNA TEST PER L’ITALICUM Sotto la Mole e sotto le Due Torri si è verificato, al primo turno, ciò che potrebbe verificarsi alle elezioni nazionali. Il Pd in testa (Fassino e Merola), dietro o M5S (come Appendino a Torino) o il centrodestra (a Bologna corre la leghista Borgonzoni). L’esito di queste due partite, in particolare quella del capoluogo piemontese, in qualche modo anticiperebbe ciò che potrebbe accade con l’I-talicum. Quanti si asterranno al secondo turno? Quanti voteranno in chiave antirenziana? Quanti moderati e filo-grillini, invece, non avendo un proprio candidato da scegliere, opteranno per il Pd? Risposte decisive sia per il nuovo sistema di voto sia per il referendum.
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