Il presidente del Senato Pietro Grasso durante la cerimonia del ventaglio della stampa parlamentare (Fotogramma)
Senza dubbio, c’è una «prospettiva morale e culturale» che spinge volontari, associazioni umanitarie e forze dell’ordine a soccorrere i migranti in mare. Ma, a scanso d’equivoci, è bene ricordare che accogliere i rifugiati e salvare vite umane «non è un atto di buon cuore», piuttosto «un dovere giuridico sancito dalla nostra Costituzione e dai trattati internazionali».
È la cerimonia del Ventaglio di ieri a palazzo Giustiniani a offrire al presidente del Senato l’occasione giusta per ribadire un concetto ancora poco chiaro a una larga parte dell’opinione pubblica e della politica italiana. Per Pietro Grasso non si tratta di un esercizio retorico né di mettere i puntini sulle i, bensì di «uno sforzo dialettico essenziale proprio nel momento di maggiore crisi della politica, delle idee e della comunicazione». Un momento in cui la paura del diverso e la cultura imperante dello scarto impedisce perfino di approvare un provvedimento, lo Ius culturae, che invece servirebbe «a rendere il nostro Paese più forte e sicuro», perché «chi è escluso dalla vita comune, chi non esercita i diritti e i doveri di cittadinanza, ed è rinchiuso nelle periferie esistenziali delle nostre città è più debole e quindi più vulnerabile all’illegalità».
Per la seconda carica dello Stato «cedere sui valori sui quali si fonda la nostra cultura democratica significa dare avvio a una spirale negativa sempre più difficile da fermare». Una realtà certificata «dal dato per cui più del 50% dei comuni non contribuisce all’attuazione del piano di accoglienza diffusa, l’unica che possa garantire maggiore tranquillità e sicurezza per i cittadini».
Calcoli politici di amministratori territoriali, insomma, rischiano di alimentare l’odio e spesso sono proprio sindaci e consiglieri comunali a offrire un terreno fertile a questi fenomeni: «Soffiare sulla paura e cavalcare il disagio - ha continuato Grasso - espone la nostra comunità a un progressivo indebolimento. La paura è un sentimento legittimo, cui la politica deve prestare ascolto e attenzione: i partiti, i movimenti e i loro leader devono riappropriarsi del compito di accompagnare i cittadini, ascoltandone gli umori senza subirli, e di mostrare loro una visione complessiva dei problemi senza accettare le lusinghe di un facile quanto effimero consenso».
La responsabilità, però, risiede anche nelle istituzioni Europee: «La politica, soprattutto a livello europeo, deve abbandonare i tatticismi che si consumano drammaticamente sul dolore di chi fugge e ragionare in termini strategici e complessivi». Un chiaro segnale di allineamento alle istanze avanzate dal ministro dell’Interno, Marco Minniti: «Bisogna assolutamente rifiutare la logica dell’emergenza e impegnarsi pazientemente nel sostegno ai Paesi dove oggi non esistono diritti, stabilità politica, possibilità di sviluppo. Credo che il Governo, con l’opera del presidente Gentiloni e del ministro Minniti, stia facendo un importante lavoro che deve essere sostenuto e incoraggiato da tutte le forze politiche».