"Milet è anche vittima delle nostre frontiere, tanto legali quanto ingiuste nel momento in cui vengono sbattute in faccia alle persone e,
soprattutto ai più poveri, dinanzi al loro grido di aiuto". Con queste parole il vescovo Antonio Suetta ha salutato, davanti a circa duecento persone nella chiesa di
Sant'Antonio delle Gianchette a Ventimiglia, di Milet
Tasfemariam, la sedicenne eritrea travolta e uccisa da un tir
spagnolo, venerdì 7 ottobre, sull'autostrada dei Fiori, mentre
cercava di raggiungere a piedi la Francia assieme ai suoi cinque
fratelli e a un amico. Ai funerali hanno partecipato una
cinquantina di eritrei ospiti della chiesa, tra cui i famigliari
della ragazza. Milet è stata vittima cinque volte, a
partire dal regime del suo paese di origine è stata la riflessione fatta dal vescovo. "Possiamo dire con
molta umiltà, senza pretesa di giudicare alcuno, che Milet sia
in realtà una vittima, prima di tutto, del regime ingiusto del
suo Paese. Regime che tutti conoscono e di cui nessuno si
occupa, perché purtroppo l'Eritrea è uno dei tanti paesi poveri,
dove ragazzi e ragazze sono arruolati, in giovanissima età, per
un tempo interminabile nell'esercito. Quel servizio diventa,
poi, un inferno" ha detto Suetta. Secondo il vescovo, Milet "è
poi vittima di una società che si dice civile, che sbandiera
principi come quelli della fraternità, della libertà e
dell'uguaglianza, in nome dei quali spesso sono state anche
torturate delle persone ed è vittima anche dei tanti fascicoli
che giacciono per troppo tempo sui tavoli". "In ultimo - ha
sottolineato - è vittima della nostra ipocrisia e ce lo ricorda
con la sua consueta franchezza anche Papa Francesco, quando si
chiede come facciamo a dire che Cristo è nella nostra vita, se
poi non sappiamo accoglierlo nelle persone che bussano alla
porta della nostra casa e del nostro cuore".
Una volta terminate le esequie, il feretro di Milet è stato
portato presso il vicino cimitero di Roverino, in attesa del
rimpatrio che dovrebbe avvenire martedì prossimo.