9 luglio 2019, manifestazione a Montecitorio contro la vendita di armi italiane alla coalizione saudita
Nuove autorizzazioni per produrre altri 195 milioni di bombe, da vendere ai paesi della coalizione guidata dall'Arabia Saudita che combattono contro lo Yemen. E spedizioni già effettuate, sulla base delle licenze rilasciate in precedenza, per ulteriori 284 milioni a quattro paesi della coaizione a guida saudita. Un flusso importante di sistemi d'arma, su cui il governo italiano deve fornire chiarimenti, visto lo stop alla produzione di bombe negli stabilimenti RWM di Domusnovas, arrivato dopo la mozione del governo approvata dalla Camera il 26 giugno, e l’annuncio dell’11 luglio del vicepremier Luigi Di Maio.
L'Italia dunque continua ad alimentare la fornitura di armi alla base di quella che - a detta delle Nazioni Unite - è «la peggiore crisi umanitaria degli ultimi anni». Un dato inquietante, che emerge dalla Relazione ufficiale al Parlamento sulla legge 185/90. Dal documento sono già emerse le licenze per l'esportazione verso paesi come l'Egitto e il Turkmenistan, i due migliori clienti dell'industria militare italiana. Il primo continua a non collaborare nelle indagini sull’assassinio di Giulio Regeni ed è sospettato di violare l’embargo Onu di armi verso la Libia. L’altro è un regime autoritario accusato di sistematiche violazioni dei diritti. Ora vengono a galla anche le licenze e le esportazioni in corso verso paesi coinvolti in un conflitto sanguinoso.
Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace chiedono quindi all'esecutivo di chiarire come mai il flusso prosegua, nonostante la mozione del governo, approvata dalla Camera quasi un anno fa. «Visti i grandi volumi in gioco, in un certo senso inaspettati, chiediamo ora al Governo di chiarire quando tali licenze sono state rilasciate, e per che tipologia di sistemi d’arma. E chiediamo lo stesso anche a riguardo delle forniture reali effettuate l'anno scorso - dice Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo - nonostante da luglio 2019 sia attiva la sospensione di tutte le licenze relative a bombe e missili d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti». La decisione assunta dal Governo sembrerebbe non aver per nulla rallentato gli affari armati verso i componenti della Coalizione saudita.
«Se ci concentriamo sulle nuove autorizzazioni - commenta Giorgio Beretta di OPAL Brescia - cioè su quello che dal 2019 in poi è possibile produrre e poi esportare, troviamo l’Arabia Saudita all’11° posto tra i clienti dell'Italia, con ben 105,4 milioni di euro, poi gli Emirati Arabi Uniti al 12° posto, con 89,9 milioni. Se nel secondo caso si tratta di un dimezzamento rispetto al record del 2018, per l’Arabia Saudita c’è invece una rilevante risalita dopo due anni di bassi volumi di licenze». Complessivamente 195,3 milioni di nuove autorizzazioni che, almeno dal luglio 2019, non dovrebbero poter riguardare le due categorie già citate di armi.
Un flusso confermato anche nel capitolo relativo alle consegne già completate nel corso dell’anno, derivanti cioè da autorizzazioni rilasciate negli anni precedenti. Anche qui gli stessi clienti: armamenti e munizionamento militare per oltre 96 milioni di euro verso l’Arabia Saudita, e per oltre 91 milioni di euro verso gli Emirati Arabi Uniti. Altri due Paesi componenti la coalizione a guida saudita attiva in Yemen hanno invece ricevuto armamenti per circa 95 milioni di euro: il Kuwait per circa 82 milioni e il Bahrein per 12,5. Complessivamente i quattro paesi alleati contro lo Yemen hanno ricevuto dall'Italia armi per 284,5 milioni di euro.
Chi vende? Per Rete Italiana per il Disarmo e Rete per la pace «una sicura protagonista di questi invii di armi è stata la RWM Italia, già posta dalle nostre mobilitazioni sotto l’attenzione dell’opinione pubblica e anche della magistratura. Nel 2019 infatti, ci auguriamo prima della sospensione decisa dal Governo, l’azienda ha sicuramente inviato verso l’Arabia Saudita centinaia di bombe della serie MK, parte della mega-commessa di oltre 400 milioni di euro autorizzata nel 2016, per un controvalore di quasi 25milioni di euro. E’ probabile inoltre la spedizione di molte altre bombe inserite in alcune delle altre licenze rilasciate in anni recenti». Complessivamente le due controllate italiane del colosso tedesco Rheinmetall (Rheinmetall Italia e RWM Italia) hanno esportato nel corso del 2019 oltre 210 milioni di euro di armamenti.