Fotogramma
La tornata elettorale appena conclusa consegna cinque segnali inequivocabili destinati a impattare l’assetto politico italiano, ridefinendo gli equilibri sia nella maggioranza (con il consolidamento dell’egemonia di Fdi e il sorpasso di Fi sulla Lega), sia nell’opposizione, che vede cristallizzare il primato del Pd come principale partito antagonista del governo (a scapito del M5s), e segna l’exploit dell’Alleanza Verdi-Sinistra. Evidente, invece, la debacle dell’ex Terzo polo, tanto per Stati uniti d’Europa quanto per Azione, entrambi fuori dal Parlamento europeo.
Meloni-Schlein: vince la polarizzazione dello scontro
Il dato più significativo uscito dalle urne è la vittoria della polarizzazione del duello tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che ha premiato con un balzo in avanti sia Fdi sia il Pd. Il partito della premier sfiora il 29% migliorando la performance segnata alle scorse elezioni politiche e andando molto al di sopra dell’asticella fissata dalla stessa Giorgia Meloni in campagna elettorale (la conferma del 26% ottenuto nel 2022). Mentre il Pd porta a casa un più che soddisfacente 24%, confermando la posizione dominante tra le forze d’opposizione e consacrando la segretaria dem come indiscussa "anti-premier". Una doppia vittoria tutta al femminile, molto probabilmente destinata a dominare la scena politica da qui a fine legislatura.
Fi supera la Lega, ma Vannacci va oltre le 500 preferenze
Il partito guidato da Antonio Tajani vede sfumare l’obiettivo del 10% immaginato in campagna elettorale, ma il sorpasso sulla Lega consente comunque al ministro degli Esteri di salutare il risultato come una vittoria (sebbene ottenuta anche grazie alla joint venture con Noi Moderati), e mette in crisi il segretario della Lega. Matteo Salvini, da parte sua, non può che prendere atto del risultato (il 9%, che è comunque quello prudentemente auspicato in campagna) e prova a consolarsi con la performance di Roberto Vannacci. Il generale prende da solo oltre 500mila preferenze, meno di quelle pronosticate dal diretto interessato (700mila), ma più del doppio di quelle ottenute da Elly Schlein. Il Nord Est, però, non lo ha scelto, e va da sé che il messaggio della base leghista inviato al suo leader non è dei più confortanti per il futuro del capitano al timone del partito.
L’exploit di Avs
Oltre le aspettative il risultato del tandem Verdi-Sinistra Italiana (6,7%), che ha sfidato la sorte giocandosi tutto con candidati bandiera come Mimmo Lucano e Ilaria Salis. Un all-in ad alto coefficiente di rischio che però consegna un successo insperato e mette la compagine guidata da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni in una nuova, più che agevole posizione nella coalizione di centrosinistra.
Il crollo del M5s
Tra i pentastellati si aspettava la pioggia (come di consueto alle elezioni europee), ma è arrivato il diluvio. Non aver raggiunto la soglia psicologica del 10% (con quasi 2 milioni di voti in meno rispetto alle politiche), costringerà Giuseppe Conte a un ripensamento della strategia barricadera adottata in campagna elettoraler, tutta improntata a uno smarcamento dal Pd, a politiche anti-establishment e alla retorica pacifista. Il tentativo dell’ex "avvocato del popolo" di insinuarsi nella lotta tra le due “signore” della politica italiana non è riuscito e da qui in avanti sarà necessario aggiustare il tiro in direzione di un dialogo più costruttivo con gli alleati di coalizione.
La debacle dell’ex Terzo polo
La sconfitta dell’ex Terzo polo è senza appello. Una debacle che vale per entrambe le anime del centrismo liberale e riformista, fuori dal Parlamento europeo nonostante gli auspici alla vigilia del voto. Più duro da digerire, forse, il risultato di Stati Uniti d’Europa che, a differenza di Azione, poteva contare sull’aggregazione di due partiti già consolidati: Italia viva di Matteo Renzi e PiùEuropa di Emma Bonino. Ma anche per Carlo Calenda lo scenario è piuttosto cupo, avendo scelto in extremis di spendere il proprio nome per la corsa elettorale. Resta la magra consolazione di aver raggiunto da solo un risultato non troppo distante da quello ottenuto dall’ex alleato Renzi, ma è un pannicello caldo per chi ha puntato tutto su contenuti, numeri e soluzioni che evidentemente gli elettori non hanno però condiviso.