La bozza del nuovo Dpcm flussi per il 2021 è ancora da limare e fa la spola fra gli uffici legislativi dell’Interno, del Lavoro e della Presidenza del Consiglio. Fonti di Palazzo Chigi, interpellate da Avvenire, non confermano le indiscrezioni giornalistiche sulla cifra di 81mila ingressi di lavoratori stranieri (a fronte dei 30mila annuali del 2020). Tuttavia lasciano intendere come possa essere questione di giorni, perché il testo sarebbe «prossimo» alla firma da parte del presidente del Consiglio. E proprio mercoledì, intervenendo in Parlamento in vista del Consiglio Europeo di oggi e Bruxelles, Mario Draghi ha ribadito che «i migranti sono una risorsa» e «bisogna chiedersi come far diventare queste persone risorse nel mondo del lavoro e amici degli italiani, non nemici». Con questo sistema di accoglienza, è la sua convinzione, «le capacità di assorbire le persone legalmente presenti in Italia sono poche. Dobbiamo investire molto di più e riformare il sistema». Draghi invita dunque la politica a «ragionare in termini non ideologici, ma pragmatici» e manda un messaggio, neppure tanto velato, alle destre: «Sento parlare di difesa delle radici, dell’identità, ma lo si fa affermando le caratteristiche delle nostre radici: la solidarietà e la responsabilità».
La bozza del Dpcm. Secondo fonti di maggioranza, l’ultima versione del testo in attesa della firma del premier, prevederebbe 81mila permessi (metà per ingressi stagionali e metà per lavoratori subordinato, come autotrasportatori, manovali e addetti alberghieri) rispetto ai 30mila annuali stabiliti dal 2014 al 2020. Ma sul piano politico, stante la maggioranza composita che sostiene il governo, il terreno resta minato. Lo conferma il warning lanciato ieri dalla Lega, che sui flussi chiede subito un «necessario confronto con i ministri Di Maio, Lamorgese, Orlando» e invita la titolare del Viminale a venire «subito in Aula a spiegare la sua strategia, se ce l’ha. Non può restare in silenzio e farsi difendere dai giornali amici».
Gli arrivi in Italia. Da luglio gli approdi mensili di non sono mai scesi sotto la quota di 6.900, con un picco di 10mila in agosto. Al 14 dicembre, i migranti arrivati in Italia sono 63.062 (erano state 32mila nel 2020, 11mila nel 2019). Nel frattempo, però, le già esigue redistribuzioni di richiedenti asilo negli altri Stati Ue sono ormai ferme. Perciò, ripete il premier in Parlamento, l’Italia continuerà a chiedere una gestione dell’immigrazione condivisa, solidale, umana e sicura a un’Unione Europea «che deve dimostrarsi all’altezza dei propri valori, come l’ha esortata a fare Papa Francesco». Draghi ribadisce l’importanza dei corridoi umanitari, ma «non è sufficiente che sia solo l’Italia ad attuarli: serve un chiaro impegno europeo». E insiste sul rafforzamento dei «canali legali di migrazione, una risorsa e non una minaccia per la nostra società». Ma al tempo stesso, aggiunge, occorre «una gestione condivisa, rapida ed efficace dei rimpatri», con fondi adeguati dell’Ue e accordi efficaci coi Paesi di origine.
I casi Bielorussia e Ucraina. Il presidente del Consiglio si sofferma poi su due dossier scottanti: «Ci aspettiamo che il Consiglio Europeo si esprima contro la strumentalizzazione dei migranti da parte del regime bielorusso», incalza, perché «l’uso intenzionale dei migranti per scopi politici è inaccettabile». Draghi auspica inoltre fermezza sulle tensioni ai confini dell’Ucraina: «Il Consiglio Europeo deve chiedere urgentemente alla Russia di ridurle» e rinnovare «il sostegno» al governo di Kiev. La diplomazia, ammonisce il premier, «resta l’unica via per risolvere il conflitto nel Donbass».
L’intervento del premier Draghi alle Camere alla vigilia del vertice Ue: «I migranti sono una risorsa»
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