La scelta del materiale scolastico per il nuovo anno - ANSA
Le vacanze sono ormai agli sgoccioli e l’anno scolastico che sta per cominciare è segnato da molte novità, oltre che dai (soliti purtroppo) problemi. In classe gli studenti troveranno, per la prima volta, i docenti tutor e orientatori, mentre per gli insegnanti partirà la formazione in servizio e le nuove modalità di abilitazione e reclutamento. Critici i sindacati, secondo cui i precari supereranno le 200mila unità. «Si confermerà anche quest’anno la necessità di un ricorso molto esteso al lavoro precario – conferma la segretaria generale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci – una situazione che pesa sulle condizioni di lavoro del personale e anche molto sul sistema scolastico. È il precariato, non la mobilità, a minare alla base la possibilità di garantire la continuità didattica». I primi a tornare tra i banchi, martedì 5 settembre, saranno gli studenti della provincia autonoma di Bolzano. Lunedì 11 settembre la prima campanella suonerà invece per gli alunni della provincia di Trento, per quelli della Valle d’Aosta e del Piemonte. Il giorno dopo toccherà, quindi, alla Lombardia, mentre il 13 settembre sarà la volta di Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sicilia, Umbria e Veneto. Il 14 ricominceranno le lezioni in Calabria, Liguria, Molise, Puglia e Sardegna. Ultimi a rientrare, il 15 settembre, saranno gli studenti di Emilia Romagna, Lazio e Toscana.
Una scommessa ma anche una bella sfida: cambiare la scuola partendo dalla formazione degli insegnanti. È questa la nuova frontiera dell’anno scolastico ormai alle porte, secondo Giuseppe Bertagna, già ordinario di Pedagogia all’università di Bergamo, collaboratore del ministro Valditara e ora direttore della rivista Nuova secondaria che dedica l’editoriale dell’ultimo numero proprio al tema della nuova formazione iniziale dei docenti e del suo rapporto organico con quella in ingresso e con quella in servizio.
Professore, il nuovo anno scolastico partirà con tante novità. Partiamo dalla formazione permanente degli insegnanti: di cosa si tratta, che obiettivi si propone e come cambierà il modo di «fare scuola»?
Il perché (rilanciare la qualità della formazione dei docenti in quanto condizione per la qualità della nostra scuola) e il come (istituendo una Scuola di Alta Formazione per il monitoraggio e la valutazione di tale formazione) è indicato dalla legge 29 giugno 2022, n.79 approvata con un’inedita maggioranza bulgara alla Camera (419 voti favorevoli e solo 55 contrari) e al Senato (179 voti favorevoli e 22 contrari). Una legge preparata a Roma seguendo i vincoli di Bruxelles stabiliti per ottenere i fondi del Pnrr. Una scommessa molto importante per l’Italia i cui risultati si potranno però valutare soltanto negli anni.
L’aggiornamento dei docenti potrà essere uno strumento anche in chiave anti-dispersione?
Più che “potrà”, “dovrà”. Non a caso il ministro Valditara ha subito varato l’Agenda Sud, un paradigma anticipato di quanto potrà diventare progressivamente, su richiesta dei territori, patrimonio dell’intera scuola italiana. Il progetto pilota parte con uno stanziamento di 65 milioni di euro in 240 Scuole del Mezzogiorno caratterizzate da forti divari negli apprendimenti delle materie di base (dati Invalsi) e nella dispersione. Prevede il tempo pieno, potenziamento dei percorsi di apprendimento personalizzati per gli studenti, didattica laboratoriale, presenza di tutor e orientatori, scuola aperta al territorio, anche nel pomeriggio e, a decisione delle scuole, anche durante i mesi estivi, più docenti di italiano, matematica e inglese per ridurre il rapporto studenti/ docenti. Le scuole potranno inoltre contare sul supporto e sull’accompagnamento degli specialisti che operano all’Indire e all’Invalsi.
Con la legge 79/2022 cambia anche il sistema di formazione iniziale degli insegnanti: favorirà i giovani che vogliono intraprendere questa professione, contribuendo a svecchiare la categoria?
C’è tutta la fase transitoria da smaltire per abilitare i docenti precari di statali e non statali paritarie ora privi di abilitazione e inseriti nelle graduatorie per le supplenze che dovevano essere eliminate dal 2008. Per la prima volta nella nostra storia, comunque, l’abilitazione all’insegnamento in una classe di concorso (che la norma ribadisce più volte debbano scendere rispetto alle 120 vigenti) diventa prerequisito per l’accesso ai concorsi di selezione e reclutamento per l’ingresso nei ruoli. Concorsi che, questa volta, però, rispetto alle disposizioni del 2017, non sono più a periodicità biennale, ma annuale. L’abilitazione si consegue con 60 cfu di natura antropo-psico-pedagogicometodologico- didattica (di cui 20 di tirocinio diretto e indiretto nelle scuole) «aggiuntivi» ma insieme integrati ai 180 necessari per la laurea triennale e ai 120 della magistrale. A regime, i 60 cfu consentiranno agli studenti universitari ammessi al numero programmato dell’abilitazione di sostenere, con un minimo sforzo, alla fine del quinquennio, sia l’esame di laurea magistrale sia, poco dopo, l’esame di abilitazione all’insegnamento. E quindi di entrare in servizio di ruolo non come ora con una media che supera i 41 anni, ma a 25-26 anni.
Quale sarà la funzione del docente tutor e orientatore, altra novità in vigore da settembre?
Il tutor, in team con gli altri docenti del consiglio di classe, coordinerà la personalizzazione della formazione degli studenti, in particolare consentendo ai più deboli in alcuni apprendimenti di rafforzarsi e ai più disinvolti e avanzati di trovare le occasioni per avvalorarsi (per esempio diventando tutor dei compagni in alcune attività, oppure riunendosi in attività elettive con altri che hanno gli stessi loro interessi e competenze). Il tutor sarà decisivo anche per suggerire alla scuola di proseguire il recupero e il potenziamento della formazione in orari pomeridiani o, eventualmente, pure durante le vacanze estive. L’Orientatore, uno per scuola, a stretto contatto con il Tutor, si raccorderà con Università, ITS Academy e contesto produttivo del territorio per aiutare gli iscritti ad una scuola nelle scelte di percorso scolastico secondario e superiore più adeguate alle personali attese, preferenze e attitudini di ciascuno.
In definitiva, dopo due tentativi andati a vuoto (2003 e 2017), questa sarà la volta buona per avviare una vera riforma della formazione e (anche) della figura dei docenti?
C’è una precondizione: che la nostra politica, da trent’anni molto faziosa, al punto che ha portato sempre a ritenere i compagni della propria «tribù» pieni di ragioni anche quando hanno torto e quelli della «tribù » avversa pieni di ogni torto anche quando hanno buone ragioni, superi questo atteggiamento adolescenziale e socialmente pericoloso, diventando finalmente adulta. Ad esempio, riconoscendo che la scuola, con i suoi annosi problemi da risolvere, formazione iniziale e in servizio in primo luogo, non può essere sottoposta a questo patologico bipolarismo fobicoossessivo, ma al comune impegno e al reciproco richiamo alla responsabilità per il meglio delle future generazioni. Le sfide molto alte poste dalla legge 79 non potranno essere raccolte e soprattutto vinte senza questo spirito.