Disagio - Ansa
Anoressia e bulimia nervose, fame emotiva ed altri squilibri nel rapporto quotidiano con il cibo. I disturbi del comportamento alimentare, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, registrano un aumento dei casi del 30% circa.
Dai dati di un’indagine Survey diffusi dal ministero della Salute risulta infatti che nel primo semestre del 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi casi: nello stesso periodo dell’anno precedente erano stati 163.547. Numeri del tutto provvisori, visto che dall’emergenza coronavirus non siamo ancora usciti. E i soggetti di sesso maschile che si sono presentati al Pronto soccorso nel segmento temporale preso in esame sono aumentati di quattro volte.
Sia l’anoressia – seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, nella fascia d’età dai 12 ai 18 anni – che la bulimia, dunque, non sarebbero più, patologie che interessano quasi esclusivamente bambine e ragazze. E si stima, in base a una valutazione delle autorità sanitarie, che i disturbi dell’alimentazione incidano sul 5% della popolazione complessiva. Inoltre, sempre secondo gli esperti, si stanno verificando, nei pazienti già in cura, peggioramenti della malattia dovuti ad eventi traumatici avvenuti attraverso l’isolamento sociale, la permanenza forzata a casa, la chiusura delle scuole e, in generale, il distacco dagli amici e l’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale.
E c’è da aggiungere che le strutture di aiuto e assistenza (sono 146 quelle tra pubblico e privato che operano in Italia, concentrate soprattutto al Centro e al Nord), durante il lockdown hanno dovuto chiudere gli accessi e sospendere le attività mentre alcune volte è capitato che gli ospedali, con i medici impegnati nella cura dei malati di Covid, sono stati costretti a escludere dai ricoveri e dai trattamenti ambulatoriali anche le persone affette da Dca.
Non solo ragazze. I soggetti di sesso maschile che si sono presentati
Un’altra emergenza nell’emergenza sanitaria della pandemia che sta stravolgendo il mondo. Le terapie, basate principalmente sui colloqui psicologici e clinici vis-à-vis, sono state sostituite, laddove è stato possibile, con le videochiamate. Ma non è la stessa cosa – dicono gli specialisti – anche perché è diventata pressoché impossibile una valutazione nutrizionale, prima condizione per stabilire un percorso di cura. «E in particolare, tra gli effetti del lockdown su chi ha disturbi alimentari – spiega lo psichiatra Pierandrea Salvo, della Società italiana di psicopatologia dell’alimentazione – si manifesta un aumento di ansia, depressione ed autolesionismo a cui si aggiunge la preoccupazione per l’allentamento del contatto con i curanti».
«Bisogna sapere che non si muore per anoressia e bulimia, ma per la mancanza di cure» precisa Stefano Bertomoro, vice-presidente del Coordinamento nazionale disturbi alimentari, organizzazione di volontariato nata nel 2014, dalle esperienze di familiari, ex pazienti e professionisti e da 17 associazioni che operano in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Lazio e Puglia, accomunati dal desiderio di dare risposte sinergiche ai problemi dei disturbi del comportamento alimentare.
«La cura è possibile e più efficace se la persona affetta da un disturbo del comportamento alimentare viene seguita da un’équipe multiprofessionale in tutte le fasi della malattia – precisa Bertomoro, che è anche responsabile della “Casa della farfalla”, a Portogruaro – che va innanzitutto riconosciuta come tale».
I numeri dell'emergenza
30% - L’incremento in Italia, nel primo semestre del 2020, dei casi di anoressia e bulimia
230.458 - I nuovi casi di pazienti affetti da disturbi alimentari registrati da gennaio a giugno 2020
146 - I centri diurni, pubblici e privati, dove si curano i disturbi alimentari in Italia