Immagine da un video di Sea-Watch
Il dossier presentato ieri sera a Berlino si basa su documenti, prove filmate, registrazioni, investigazioni giornalistiche, tra cui quelle condotte da Avvenire e ricostruisce tre eventi del 2019, tutti secondo uno schema operativo collaudato che coinvolge gli aerei di Frontex, l’agenzia europea per la difesa dei confini, le marine militari dell’Ue, e specialmente quella italiana, e infine la cosiddetta guardia costiera libica. Secondo gli estensori il rapporto “fornisce il quadro giuridico delle violazioni commesse e un’analisi del funzionamento operativo della collaborazione”, con particolare attenzione al coordinamento aereo. Le ricostruzioni si basano su osservazioni di prima mano in mare e comprendono comunicazioni radio ascoltate da diversi attori, come le autorità europee e le autorità libiche, nonché richieste di aiuto da parte di persone in difficoltà in mare.
Il rapporto “Remote control: the EU-Libya collaboration in mass interceptions of migrants in the Central Mediterranean” delinea e descrive le azioni intraprese dalle unità di sorveglianza aerea dell’UE nelle intercettazioni di massa a largo delle coste libiche.“I mezzi aerei dell’UE sono impiegati per avvistare le imbarcazioni dei migranti e per guidare la cosiddetta Guardia Costiera Libica. Questa sorveglianza aerea ha portato alla cattura di decine di migliaia di persone e al loro respingimento in zona di guerra libica in operazioni che non sono altro che violazioni dei diritti fondamentali gestite dagli Stati”, dice Bérénice Gaudin di Sea-Watch.
Secondo Lucia Gennari di Mediterranea Saving Humans “l’Unione Europea ritiene che monitorando dai mezzi aerei i casi di emergenza in mare e le intercettazioni da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica si possa evitare la responsabilità per le violazioni dei diritti che queste pratiche comportano. Questo rapporto afferma il contrario”.
“La politica dei respingimenti di massa in zona di guerra libica è una vera e propria politica europea, di cui l’UE e i suoi Stati membri sono direttamente responsabili”, aggiunge Kiri Santer di Alarm Phone. Secondo la coalizione vivile, il Centro di coordinamento dei soccorsi italiano “ha ripetutamente rifiutato di assumersi la responsabilità di coordinare i soccorsi durante un caso di emergenza, malgrado stesse già evidentemente coordinando gli assetti aerei allo scopo di monitorare l ´imbarcazione di legno che si trovava in pericolo. La stessa imbarcazione è stata poi intercettata dalla cosiddetta guardia costiera libica a piú di 12 ore dal primo allarme”. Questo episodio, insieme ad altri due, forma un fascicolo che verrà consegnato alle giurisdizioni internazionali, compresa la Corte penale dell’Aia.
Negli ultimi 5 anni, si calcola che più di 15,000 persone abbiano perso la vita nel solo Mediterraneo Centrale. “Naturalmente, possiamo immaginare che la cifra reale sia ben più alta, se si considera - si legge nel report - anche il numero di morti non accertate. Nonostante questa massa di persone continui a morire a mare, le istituzioni europee e gli Stati Membri non hanno ammorbidito le rispettive politiche migratorie e di confine, che obbligano centinaia di migliaia di individui ad intraprendere questi pericolosi viaggi attraverso il mar Mediterraneo”.
Alarm Phone, Borderline-Europe, Mediterranea Saving Humans e Sea-Watch hanno assistito e documentato anche attraverso i velivoli di sorveglianza della piccola flotta civile “i respingimenti illegali verso la Libia coordinati dalle autorità europee, come Frontex e Eunavfor Med, e attuati dalla cosiddetta Guardia costiera libica, un gruppo di milizie (finanziate e addestrate dall’Ue) con un passato di palesi violazioni dei diritti umani e di collaborazione con i trafficanti di esseri umani”.
Le ricerche dei legali hanno permesso di ricostruire le “coperture politiche” di cui gode Frontex nelle operazioni di respingimento. Nel marzo 2019, l’ex Direttrice Generale della Commissione Europea, Paraskevi Michou, si è rivolta al Direttore di Frontex Fabrice Leggeri con una una lettera, in riferimento alla creazione della nuova zona aerea di ricerca e soccorso libica (Sar), in realtà confezionata con l’assistenza tecnica delle autorità italiane.
“La procedura descritta nella sua lettera per comunicare gli avvistamenti di situazioni di pericolo, nonché le azioni iniziali riguardo alle suddette situazioni di pericolo, direttamente all‘Mrcc “responsabile” (la centrale di soccorso competente, ndr) per la regione Sar, costituisce una procedura che è in linea con quanto prescritto dalla Convenzione di Amburgo del 1979”. Nella sua lettera, Michou legittima le autorità libiche e chi si coordina con esse. E questo nonostante le Nazioni Unite continuino non abbiano mai spesso di dichiarare la Libia come “luogo non sicuro” per lo sbarco di migranti.
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