«Qui qualcuno non ha capito bene: l’Italia non ha di fronte un mese o sei mesi d’emergenza da superare, ma un periodo di diversi anni durante il quale bisognerà da un lato governare il problema del debito pubblico, dall’altro mettere le mani nel cuore di questo Paese, rovesciarlo come un guanto, trasformarlo, perché torni a crescere in modo virtuoso e non più sregolato...». Seduto su un divano del suo ufficio, al primo piano del dicastero dell’Agricoltura, il ministro Mario Catania guarda davanti a sé, quasi immaginando un’Italia che ancora non c’è, ma che potrebbe esserci se alcune condizioni concorreranno a costruirla. Camicia azzurra e cravatta grigia a disegni
jacquard, ci accoglie sulla soglia per un’intervista da incastrare prima della vigilia di un week-end per lui impegnativo: «Vogliamo chiudere il decreto attuativo che creerà il Sistema nazionale per gli indigenti, c’è grande sensibilità da parte delle aziende agro-alimentari e lo considero un grande segno di speranza. Sapete, ho appena presentato al Cdm una bozza di disegno di legge per favorire il riutilizzo di aree industriali dismesse, tutelare i terreni agricoli e rallentare la cementificazione del Paese. Prima della fine della legislatura desidero che diventi legge. Non sono temi di nicchia, hanno a che fare con un’idea diversa e più avanzata di Paese. Non tutto il Pil è buono, c’è un Pil cattivo, insostenibile, che produce ricchezza nel breve periodo, ma lascia macerie sui tempi lunghi...».
Il Paese svolterà davvero?L’Italia ha una sfida epocale davanti che non terminerà certo con la fine della legislatura. Una sfida che durerà anni. Io mi auguro che possa essere affrontata da Mario Monti o, se lui non vorrà, da altre persone che ne condividono pensiero, competenze e spinta ideale, come Corrado Passera. Naturalmente, quelle idee dovranno specchiarsi, attraverso il passaggio elettorale, in una maggioranza politica convinta e solida. Ora però siamo a un bivio. E va respinta la tentazione di tornare indietro.
Lei auspica un Monti-bis?Chi meglio di Monti potrebbe interpretare questa fase? Credo che l’opinione pubblica ancora non abbia compreso quanto la sua nomina a premier abbia giovato al Paese in termini di credibilità. In ogni caso, l’importante è che la classe politica che governerà nella prossima legislatura sappia farlo in continuità con l’agenda di questo esecutivo.
Teme chi, a destra o a sinistra, invoca discontinuità?Francamente sì. E mi chiedo: non è che con le elezioni archivieremo questo periodo e si tornerà alle logiche precedenti? Sarebbe una catastrofe, a sprofondare sarebbe il Paese.
Perché?I tempi di riassorbimento del debito pubblico saranno lunghi: dieci o quindici anni, se saremo virtuosi. E allo stesso tempo bisogna avere la forza di rovesciare l’Italia da cima a fondo. Qualche esempio: bisogna "asciugare" le istituzioni politiche, riqualificare la pubblica amministrazione, martellare senza tregua sulle patologie dell’evasione e della corruzione. Le nostre imprese partono con un
handicap rispetto a quelle tedesche proprio perché dietro non hanno un vero sistema-Paese. Per costruirlo, non basta un anno.
Non ritiene l’attuale classe dirigente politica all’altezza della sfida?A me non piace la demagogia. Comunque, quella attuale non è da buttare in blocco, contiene risorse importanti, ma è necessaria anche nuova linfa. Ci sono idee e categorie sociali che non hanno rappresentanza. Il mondo agricolo non ha voce come meriterebbe. Eppure, l’agro-alimentare è un settore fondamentale dell’economia nazionale. Così come quanti lavorano
non-profit: c’è uno
spread tra ciò che fanno questi "eroi" per il Paese e quanto ricevono in termini di ascolto e attenzione.
Ha accennato a un piano per l’indigenza...Abbiamo salvato in sede europea, per i prossimi due anni, 100 milioni di euro dei 500 che l’Ue stanzia per le derrate alimentari da distribuire a organizzazioni caritatevoli: Banco alimentare, Caritas e altre. Pensate, la Germania non voleva spenderli. Ora aggiungeremo un sistema nazionale di raccolta di quanto l’industria agro-alimentare e la grande distribuzione butta via per motivi banali, come errori di impacchettamento. Secondo il Banco alimentare in media viene sprecato il 17,4 per cento dei consumi: 6 milioni di tonnellate di cibo. Ma ora, grazie alla sinergia fra Stato, imprese e Terzo settore, il decreto attuativo è pronto e lo spreco, speriamo, finirà.
Per chiudere, ma se Monti continuasse dopo il 2013 lei cosa farebbe?Se il presidente chiama, io ci sarò.