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Le situazioni esplosive dietro le sbarre e quelle caotiche nelle aule dei tribunali sollecitano una riforma totale della giustizia. Una necessità richiesta anche dall’Unione Europea, in vista dei fondi del Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza da assegnare all’Italia. Lo ha sottolineato anche la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, nel suo intervento alla cerimonia per i 204 anni della fondazione della Polizia penitenziaria: «Il Recovery plan ci offre l’occasione di agire su vari fronti. Senza scelte adeguate sul vostro organico, sulla formazione del personale, sulle vostre dotazioni materiali, informatiche, sugli spazi e sulle strutture non ci può essere una realtà carceraria degna di un Paese moderno».
Per la Guardasigilli, quindi, ci sono «due priorità da affrontare tra i tanti, tantissimi, problemi che affliggono i nostri istituti di detenzione: il problema della salute psichica e il problema del sovraffollamento, che torna a destare grave preoccupazione». Situazioni che si portano appresso un altro fenomeno seguito con «crescente preoccupazione, quello delle aggressioni agli agenti: 397 episodi in sei mesi del 2021 sono cifre altissime, come lo sono le 837 avvenute nell’intero 2020. Nessuna violenza – ha sostenuto Cartabia – può mai trovare giustificazione, né tolleranza. Ogni violenza dovrà sempre essere condannata, fermata e punita. E soprattutto, prevenuta».
In una nota Massimo Vespia, segretario generale della Fns-Federazione sicurezza della Cisl, ha ricordato che «per evitare le aggressioni continue agli agenti, chiediamo azioni e provvedimenti strutturali e non misure episodiche». «Per risollevare il comparto – ha precisato il sindacalista – c’è veramente tanto da fare: mettere mano alla carenza degli organici, rinnovare e ammodernare molte carceri assai vecchie, alcune dell’epoca borbonica, del tutto inadeguate, creare spazi per il personale e ausili tecnologici per migliorare il servizio. Apprezziamo le parole della Cartabia sull’utilizzo delle risorse del Recovery».
Intanto, non riesce a decollare, nonostante le sollecitazioni dello stesso premier Draghi in chiave Recovery, l’iter delle tre riforme della giustizia ferme in Parlamento. In attesa proprio degli emendamenti del governo, a questo punto il rinvio a metà luglio dell’approdo in aula dei "nuovi" processi penale e civile diventa una realtà. Sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario si presenta invece un nuovo nodo, visto che sono stati riammessi i tre emendamenti di Enrico Costa (Azione) sulla responsabilità civile dei magistrati.
In commissione Giustizia del Senato la sottosegretaria Anna Macina ha riferito ieri che la materia è ancora sotto la lente della Ragioneria generale dello Stato, anche se, ha assicurato, siamo «alle fasi finali». Quindi tra oggi e domani i testi dovrebbero arrivare. A quel punto, si darà una decina di giorni ai gruppi per i sub emendamenti, poi si inizierà a votare con l’obiettivo di un sì prima della chiusura estiva.
Alla Camera la riforma del processo penale è calendarizzata in aula per il 28 giugno, ma anche lì non sono ancora giunti gli emendamenti della ministra. Il capogruppo di Fi, Pierantonio Zanettin, si è detto «stupito per il ritardo». Il presidente della commissione Mario Perantoni (M5s) ha assicurato comunque che non si procederà «con la fretta», anche perché sul processo penale «il cantiere è aperto». In particolare la questione della prescrizione è tuttora irrisolta, con M5s assai perplesso sulle due soluzioni proposte dalla Commissione ministeriale.