«Sono contrario alla proposta di Massimo D’Alema» sul contributo statale da concedere alle moschee. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, parlando ieri alla trasmissione
Radio anch’io, ribatte all’esponente dem che dagli stessi microfoni giovedì aveva detto che tra i mezzi per l’integrazione c’è la «costruzione di moschee come si costruiscono le chiese, cioè con il denaro pubblico». In Italia, ha affermato l’ex premier, «c’è l’8 per mille per la Chiesa cattolica, ma c’è un milione e mezzo di musulmani che non sono riconosciuti, con i quali noi non abbiamo un’intesa». Negli scorsi decenni i vari tentativi si sono arenati sulla mancanza nel mondo islamico di un interlocutore unico. «Noi – ha ricordato Alfano replicando a D’Alema – in questo momento siamo ad un livello di collaborazione diverso: per ora stiamo lavorando con la Consulta islamica, la comunità islamica deve prendere e ha preso delle posizioni». Alfano ricorda che in occasione di arresti ed espulsioni c’è stata collaborazione nella comunità musulmana. Nel nostro Paese, ha ribadito il titolare del Viminale, «c’è piena libertà di culto». I musulmani «possono pregare serenamente il loro Dio a condizione che non inneggino all’odio e non diano solidarietà a chi uccide. Chi lo fa viene espulso». La proposta di D’Alema è stata accolta con soddisfazione da alcuni imam, come quelli di Terni e Perugia. Ma ha suscitato perplessità anche in alcuni amministratori locali siciliani (la Regione più esposta a i flussi migratori e in prima linea nell’accoglienza). «In questa fase sarebbe più utile destinare l’8 per mille ai Comuni per fare integrazione», dice il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto. «Non è creando moschee che si favorisce l’integrazione», afferma Nicola Cristaldi, primo cittadino di Mazara del Vallo, dove - ricorda - ci sono solo luoghi di culto spontanei, ma c’è «quel rispetto che serve».