La centrale nucleare di Chernobyl, dove la notte fra il 25 e il 26 aprile esplose un reattore. Una nube tossica si sparse nei cieli d’Europa. In Italia prese forma un movimento contro l’energia atomica (Ansa)
E a quel punto l’Europa tremò. E cominciò a interrogarsi sull’atomo. Poteva essere una primavera placida come tante altre quella del 1986, non fosse per il più grave incidente mai verificatosi in un impianto nucleare, l’esplosione del reattore numero quattro della centrale ucraina di Chernobyl, nel nord del Paese, a pochi chilometri dal confine con la Bielorussia. La notte tra il 25 e il 26 aprile gli addetti alla gestione dei reattori si mettono letteralmente e sciaguratamente a giocare con il fuoco, aumentano la potenza ed escludono i sistemi di sicurezza per vedere – lo confermerà l’inchiesta dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica – «fino a che punto si potesse arrivare».
Si arriva all’una e 23 minuti del 26 al gran botto, la fuoriuscita di vapore contaminato, la nube tossica che comincia a vagare per i cieli dell’Europa provocando 360mila evacuati, una settantina di morti diretti, almeno quattromila casi di tumori alla tiroide e una contaminazione durata decenni. Il disastro di Chernobyl ha pesanti ripercussioni anche in Italia. A fine aprile le autorità sanitarie, con qualche ritardo, vietato il consumo di vegetali a foglia larga; il 10 maggio si svolge a Roma una imponente manifestazione degli antinuclearisti, 200mila persone in piazza. Si afferma un movimento che porterà alla richiesta di un referendum per la chiusura delle nostre centrali. Avrà luogo l’anno successivo, con esito scontato. L’America e il mondo erano stati scossi il 28 gennaio dalla tragedia dello Shuttle Challenger, esploso 73 secondi dopo il lancio con il suo equipaggio di 7 astronauti.
Soffiano nel frattempo venti di guerra sul Mediterraneo. Soffiano forte, e non è una frase fatta, un modo di dire. Il 15 aprile americani e inglesi bombardano obiettivi militari di Tripoli e di Bengasi, appena al di là del canale di Sicilia. Il presidente americano Ronald Reagan vuole impartire una dura lezione al colonnello libico Gheddafi e la reazione di questi rischia di trascinare l’Italia nel confronto militare. Accade quando nel pomeriggio di quello stesso giorno due missili Scud di fabbricazione sovietica vengono lanciati dalla Libia contro Lampedusa (l’obiettivo è con tutta probabilità un impianto radio, un Loran, installato dalla marina a stelle e strisce) e cadono in mare senza fare danni a poca distanza dalla nostra isola. L’avessero colpita, in forza delle clausole Nato l’intera alleanza atlantica avrebbe dovuto contrattaccare compattamente, con quali esiti è facile immaginare.
Poi le acque si calmano un poco, torna la ragionevolezza dopo le prove muscolari, e anche la politica italiana può tirare un sospiro di sollievo e dedicarsi al solito gioco: impallinare il governo. Tocca a Bettino Craxi cadere il 26 giugno a seguito di una imboscata in materia di finanza locale. Craxi è stato a Palazzo Chigi per 1.060 giorni, un primato nella storia repubblicana. Tornerà in sella il successivo 8 agosto quando il nuovo esecutivo avrà il via libera anche dal Senato. Intanto l’Italia, il 4 maggio a Tokyo, aveva partecipato per la prima volta al summit dei Paesi più industrializzati.
È anche l’anno di un paio di incontri importanti, il 1986, oltre a quello di Assisi. Uno si svolge il 14 aprile, quando Giovanni Paolo II si reca in visita alla Sinagoga di Roma e saluta i nostri «fratelli maggiori» e il rabbino capo Elio Toaff. Mai un Papa aveva fatto tanto. L’altro è in calendario per l’11 ottobre, nella remota Islanda. A Reykjavik si apre uno spiraglio di luce nel clima fosco della guerra fredda tra i due blocchi: l’americano Reagan dialoga con il nuovo numero uno del Cremlino, Michail Gorbaciov.
Che altro dobbiamo ricordare di quella stagione ormai lontana? Certamente, tra gli eventi cui Avvenire riserva grande attenzione, la Giornata mondiale della gioventù, la prima di una lunga serie destinata a durare fino ai giorni nostri. La Giornata si svolge a Roma il 23 marzo, Domenica delle Palme, ai partecipanti arriva il messaggio di saluto e di incoraggiamento di papa Wojtyla, accompagnato da un invito che scuote la limpida coscienza dei ragazzi: «Siate sempre pronti a testimoniare la speranza che è in voi».
Chi invece ha la coscienza sporca va a giudizio. Il 10 febbraio si è aperto a Palermo il maxiprocesso contro gli affiliati a Cosa Nostra, 456 imputati. Le affermazioni del pentito Tommaso Buscetta indurranno la corte a decretare 19 ergastoli dopo ben 22 mesi di udienze.
Il 22 marzo ai tanti misteri italiani se ne aggiunge uno nuovo: come è morto Michele Sindona? Per avvelenamento da cianuro nel carcere di Voghera, questo è certo. Chi gli ha fornito il veleno, e perché? Condannato all’ergastolo quattro giorni prima per l’omicidio dell’avvocato Ambrosoli, il banchiere di Patti sapeva troppe cose, questo è fuori discussione. Qualcuno ha voluto farlo tacere?