Il maltempo estivo provoca l’impensabile in Valtellina Il 28 luglio una frana seppellisce Sant’Antonio Morignone Decine di vittime, danni immensi, stravolto il profilo dell’alta valle (Ansa)
Si vota a novembre, il giorno 8; è una consultazione molto attesa e di peso anche se non si devono scegliere né deputati né senatori, né amministratori locali. È un referendum, un sì o un no al nucleare made in Italy. L’opinione pubblica scossa dal disastro di Chernobyl dell’anno precedente non ha dubbi e decreta l’uscita del Paese dall’avventura dell’atomo, così i quattro impianti in funzione (Trino, Caorso, Garigliano e Latina) saranno fermati e la centrale in costruzione a Montalto di Castro riconvertita. L’esito della consultazione promossa dai radicali e ammessa dalla Corte costituzionale il 16 gennaio non lascia dubbi, quasi l’80 per cento dei votanti vuole chiudere una partita che giudica pericolosa, mentre centinaia di bambini contaminati dalle radiazioni provenienti dalla zona di Chernobyl sono ospiti a turno di famiglie e istituzioni italiane.
Non siamo un grande Paese, ma un Paese dal cuore grande. Per inciso: continueremo a importare energia elettrica di origine nucleare dalla Francia, che aumenta la produzione delle sue numerose centrali, incassa quattrini e ringrazia gli italiani che hanno votato più con l’emotività che con il discernimento.
Prima del referendum si vota anche a giugno, in questo 1987. Si rinnova il parlamento dopo che il presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha sciolto le camere a seguito delle dimissioni del governo Craxi (3 marzo). Per salvare la legislatura si tenta di tutto: un incarico a Giulio Andreotti, che nonostante la consumata abilità deve rinunciare, un altro a Nilde Jotti, che non ha successo. Ci prova Amintore Fanfani ma il suo governo dura solo 10 giorni, così dopo 91 giorni di crisi, un record, il Quirinale manda i cittadini alle urne il 14 giugno. Al modesto avanzamento della Dc risponde il Psi con un più 3 per cento. E il Pci? Meno 3 per cento. Pochi prestano attenzione a due partiti esordienti, la Liga veneta e la Lega lombarda. Quest’ultima elegge un deputato e un senatore, che è poi il suo fondatore e si chiama Umberto Bossi.
Il Paese attraversa un momento difficile, le crescenti tensioni sociali sfociano in proteste, scioperi, manifestazioni di piazza a ritmo continuo. A maggio fa la sua comparsa un movimento che dà seri grattacapi ai sindacati ufficiali: i Cobas, Comitati di base, mobilitano ferrovieri, piloti, addetti al trasporto pubblico, insegnanti. Il 6 giugno uno sciopero congiunto di piloti e ferrovieri paralizza la penisola, senza treni i politici non possono raggiungere Roma.
Ci vuole un governo. Cossiga lascia passare un mese dalle elezioni, poi il 13 luglio incarica un giovane deputato astigiano, Giovanni Goria, 44 anni, età da primato per un inquilino di Palazzo Chigi. Goria, che è già stato ministro del Tesoro, ce la fa, il 1° e il 5 agosto guadagna la fiducia delle due camere. Si dimetterà il 14 novembre per problemi con la legge finanziaria ma otterrà nuovamente la fiducia il giorno 21. Sul fronte della politica c’è una novità a destra, nel Movimento sociale italiano: il 14 dicembre Gianfranco Fini, altro giovane in carriera, conquista la segreteria prendendo il posto di Giorgio Almirante.
Dell’anno 1987 non possiamo dimenticare l’escalation della guerra nel Golfo Persico tra Iran e Iraq. Le rotte del petrolio sono a rischio; i Paesi occidentali mandano navi militari a proteggere le petroliere. Né possiamo dimenticare, restando in Italia, la tragedia che si abbatte sulla Valtellina.
Tutto inizia il 18 luglio: le piogge torrenziali di un’estate bizzarra provocano esondazioni, frane, smottamenti, interruzioni della viabilità. Ma è solo l’inizio. Il 28 luglio una frana di eccezionali dimensioni si stacca dal Pizzo Coppetto e si abbatte sull’abitato di Sant’Antonio Morignone, in Comune di Valdisotto. Il paese, solo in parte sgomberato in quanto non ritenuto soggetto a rischio particolare, è interamente sepolto dalla massa di roccia e terra e i soccorsi saranno impossibili. I morti sono 53. Nel bilancio dell’alluvione vanno messi anche gli ingentissimi danni materiali, valutati all’epoca in 4mila miliardi di lire. Oltre 1.500 persone hanno perduto la loro casa, il panorama dell’alta Valtellina è cambiato, le carte geografiche della zona devono essere ridisegnate.
A casa nostra, in Avvenire, si chiede nel corso dell’87 un modesto sacrificio ai lettori: dal 1° marzo il giornale si presenta in edicola a prezzo leggermente maggiorato rispetto agli altri quotidiani. Continuerà a dare puntuali resoconti di quanto accade nel mondo e nella Chiesa, il cui magistero papale si arricchisce di due encicliche, la Redemptoris Mater (25 marzo) e la Sollicitudo rei socialis (30 dicembre).