Piero Viotto (1924-2017), filosofo e grande studioso di Maritain
È rimasto «lucido sino alla fine» ponendo sempre il suo sguardo disincantato di “monaco laico”, (così amava definirsi), verso la stella polare della sua vita Jacques Maritain e spendendo le ultime ore della sua lunga esistenza a rileggere le opere del suo “alter ego ” il filosofo del cosiddetto “umanesimo integrale”. Se ne è andato così mercoledì 4, all’età di 93 anni, nella sua casa di Varese, il filosofo torinese Piero Viotto.
Una vita quella di questo raffinato professore spesa e consumata tra Maritain, Tommaso d’Aquino e il Papa del Novecento che più aveva segnato la sua trama di credente: Paolo VI. Quella per il filosofo francese (Maritain – di cui recentemente stava studiando il carteggio con Henri de Lubac –) fu una passione intellettuale che caratterizzò il pensiero e le opere di Viotto. Un lavoro scientifico che si concretizzò, in particolare, nel Dizionario delle opere, edito da Città Nuova.
E la sua stima e devozione per il Pontefice originario di Concesio (di cui conservava gelosamente per motivi di ricerca alcuni testi inediti, dono di monsignor Pasquale Macchi) trovò felice realizzazione, tra l’altro, in Paolo VI - Jacques Maritain: un’amicizia intellettuale (2014) e in Giovanni Battista Montini - Paolo VI: Scritti di filosofia e di spiritualità (2016). Viotto fu poi autore di numerosi saggi e articoli. Come attestano, tra gli altri, i volumi Il tomismo come “realismo critico” in G.B. Montini - Paolo VI (1998) apparso nella “Rivista di filosofia neoscolastica”.
Ma a formare la coscienza cattolica di Viotto fu anche la sua militanza “afascista” nella Torino devastata dal conflitto mondiale: fu dirigente di Gioventù Studentesca e attivo nel circolo Fuci. Come certamente emblematico del suo stile sono state le passioni per domenicani come Antonin Dalmace Sertillanges, Dominique Philippe e per molti versi Réginald Garrigou Lagrange, il “mostro sacro del tomismo” (la citazione è di François Mauriac). Il pedagogista torinese – è giusto ricordarlo oggi – anche per lo studio di personalità illustri come De Gasperi, Dossetti e La Pira.
Indicativo e sintomatico di chi era Viotto – è forse non è un caso – è stato proprio ieri il cordoglio espresso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ne ha rievocato lo stile di «studioso» e di «educatore» attento a questioni nodali come l’indagine sul «pensiero del cattolicesimo democratico». La sua produzione editoriale ma anche la sua trama di intellettuale – figlio di un vero “personalismo cristiano” – passa anche attraverso figure come Claudel, Bernanos e il cardinale svizzero Charles Journet, grande tomista. E rivela a questo proposito il discepolo di questo «maestro, amico e testimone luminoso della fede» il sacerdote ambrosiano don Samuele Pinna: «Devo a lui se ho iniziato a studiare il pensiero di Journet spinto in questo anche dalla conoscenza da “vicino” di due porporati morti recentemente come il domenicano Georges Marie Martin Cottier e il “bolognese d’adozione” Giacomo Biffi».
E annota un particolare: «Amava ribadirmi: “Ai giovani bisogna insegnare a filosofare, affinché possano cogliere la verità ovunque essa si trovi”». Un’eredità quella di Viotto – i cui funerali si svolgeranno domani a Varese alle 9.15 nella chiesa di San Massimiliano Kolbe – che passa attraverso la grande sintesi umana, intellettuale quasi “complementare” vissuta dai coniugi Jacques e Raïssa Maritain: «i cui scritti e appunti dei più importanti libri del filosofo francese – amava ripetere – erano il frutto di correzioni e appunti elaborati assieme».
Tra i tanti aspetti che si possono ricordare di lui, la testimonianza di una fede schietta, concreta e tesa alla ricerca della Verità: chiosando Maritain – come ricordano gli amici –, egli amava descriversi: «Duro di testa, dolce di cuore». La sua è stata in fondo – come ha scritto egli stesso in riferimento ai coniugi Maritain – «la santità dell’intelligenza, che cerca la verità e la pratica nell’amore».