Richard Doyle, The Enchanted Tree, 1868 - CC by 0
Leggende e storie popolari – non solo fiabe - tramandate a voce sono il deposito dell’immaginazione, dove è scorsa la linfa del meraviglioso e della poesia: l’eredità del non scritto, del tenace, fragile vivente che esala come un soffio. Siano benedetti i raccoglitori che iniziarono a trascriverle insieme alle musiche e ai versi, quando si spegneva la civiltà contadina che le serbava. Tra essi brilla per le qualità di precursore dei metodi folklorici Thomas Crofton Croker (1798-1854), che nel 1825 presentò in forma anonima Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland, la «prima raccolta di leggende orali mai pubblicata sulle Isole Britanniche», dove trionfa in modo ineguagliabile l’arte dei seanchaí, i raccontatori. Essa ebbe un successo straordinario, e fu tradotta subito dai fratelli Grimm, la cui prima edizione delle Kinder und Hausmärchen, o Fiabe del focolare era uscita in pieno fervore romantico nel 1812. La raccolta di Croker esce ora in italiano con il titolo Fairy Legends, Racconti di fate e tradizioni irlandesi, a cura di Francesca Diano (Neri Pozza, pagine 736, euro 30,00).
Vi si trovano le idee dell’impossibile, le inconciliabilità più armoniose o dissonanti: “La signora di Gallerus” racconta il matrimonio della sirena e del pescatore, quando lei lascia la pelle di foca; il più virtuoso suonatore di cornamusa è l’essere fatato dotato di proprietà stranianti e dionisiache; un sempliciotto s’inabissa nel lago alla ricerca dell’anello e si ritrova all’asciutto come sotto altro cielo; ogni donna può trovare il proprio bambino sostituito nella culla; ogni porta, su una collina, può dare accesso a un altro mondo; ci si imbatte in un salmone con una sciarpa al collo e con gli stivali, in una fata trasformata in vitello dagli occhi dolci. Ma soprattutto si entra in potere della musica che trascina senza che nessuno possa fermarsi, e sembra la forza, lo spirito della stessa Irlanda.
Di famiglia anglo-irlandese protestante, appassionato di antichistica, musica, poesia, disegno, per cui sperimentò la stampa litografica che avrebbe applicato al lavoro di cartografo all’Ammiragliato a Londra, Croker aveva già stampato le Researches in the South of Ireland, Illustrative of the Scenery and Architectural Remains (Londra, John Murray, 1824). Nei viaggi attraverso i resti del mondo perduto lo avevano accompagnato nel 1821 gli artisti Alfred e Marianne Nicholson, figli del famoso Francis, lume degli acquerellisti inglesi (lei sarebbe diventata sua moglie nove anni dopo, e avrebbe pubblicato con il nome del marito due curiosi libri). Occhi acuti e lucidi da falco, statura da nano, capace di intrattenere fino all’alba i salotti con la sua parola accesa, amoroso dell’Irlanda che continuava a morire sotto le Penal Laws, le carestie, i crimini politici del Regno d’Inghilterra; ammiratore di O’Connell, il primo cattolico grande sostenitore dell’Irlanda a divenire sindaco di Dublino, Croker fu di colpo al centro dell’erudizione britannica. Pubblicò con il maggior editore Murray, che poi dovette lasciare, come accadde al nostro Foscolo, che lo raccontava ad Antonio Panizzi, direttore e ristrutturatore della British Library. Lo ricordo per un incrocio importante con l’Italia: nelle appendici critiche che anticipano la comparatistica maggiore e quella di Edward Wentz sulle radici non solo europee, per l’uscita sotto altro cielo del suo protagonista nel fondo del lago, Croker cita Boiardo in due punti, ma nella traduzione da Berni del dr. Rose suo amico, del 1823, che Panizzi non era riuscito ad anticipare con la propria vera fondamentale edizione di Boiardo del 1830.
Croker ristampò le Fairy Legends nel 1826 come “seconda edizione” con aggiunte di una seconda parte, e infine nel 1828 la ripresa di questa con emendamenti, e sempre nel 1828 pubblicò un’ultima raccolta indicata come Terza parte. Francesca Diano, che ne aveva già curato nel 1999 per Neri Pozza la raccolta del 1825, ora ne allestisce in modo impareggiabile l’intera produzione, completa di quelle parti, espungendo dalla prima i testi spuri poi omessi da Croker, traducendo dal tedesco lo scritto dei Grimm (inedito in Italia) premesso alla Terza parte. Questa è singolarissima, perché non comprende le leggende dell’Irlanda meridionale, ma è «un lavoro composito, formato dal saggio che i Grimm scrissero come introduzione alla loro versione tedesca, da Croker interamente tradotto proprio su richiesta dei due esimi studiosi, da una serie di annotazioni inedite dei fratelli Grimm sul folklore europeo, da un florilegio di estratti della prima versione inglese mai pubblicata in precedenza del grande ciclo mitologico gallese “I Mabinogion” e da una raccolta di leggende gallesi, che prima di allora nessuno mai aveva ascoltato fuori dal Galles né tanto meno pubblicato. Il tutto accompagnato da una lunga prefazione di Croker». Nel saggio introduttivo, nell’accuratissimo commento, Diano ci fa capire come Croker fu il primo vero sistematizzatore dell’immenso patrimonio narrativo e fantastico dei seanchaí.
Thomas Crofton Croker è per Francesca Diano una specie di antenato. Tanti anni fa in Irlanda il suo libretto le fu messo in mano e oggi ne ha curato il bicentenario con edizione anastatica di quella inglese. Rispetto ad altri successori l’anticipazione, l’ineguagliabile qualità e quantità delle storie che Crocker aveva raccolto non solo dalla sua Cork, ma dal Galles e fino alla Scozia, era memorabile, ma non gli fu resa giustizia adeguata nonostante avesse alimentato Thomas Moore, e lo avesse lodato sir Walter Scott. Era in contatto con tutti i più importanti antichisti, fu riconosciuto, ma non bastò perché venisse adeguatamente apprezzato quando esplose la ricerca folklorica in seconda ondata, nella seconda metà dell’Ottocento.
Tra i ventitré e i ventisette anni, nelle sue antologie di Fairy and Folk tales of the Irish Peasentry (1888) e di Irish Fairy Tales (1892), Yeats scelse ben quindici racconti di Croker. Divenuto famoso con I vagabondaggi di Oisin (1889) dove l’eroe celtico incontra san Patrizio, non si contano i libri di poesia e di prosa, come Il crepuscolo celtico (1893-1902), dove dà ala ai miti celtici che in infinite trasformazioni sigleranno la figura finale della sua poesia nell’eroe Cuchullain, simbolo dai patrioti d’Irlanda. Quel mondo diseredato continuava a rivelare la battaglia contro il tempo e la morte, l’unità di morte e rinascita. I contadini cattolici che mantenevano la fede nei santi (insieme all’islam, dove il termine di «mondo immaginale», coniato da Henri Corbin, indica il luogo dove gli spiriti e le entità mentali appaiono, e la materia si fa sottile, spirituale), serbavano sia Omero, sia le prime sostanze platoniche. Perciò fra i contemporanei raccoglitori di racconti amava Douglas Hyde, che trascrive dal gaelico senza alterare la naturale inventiva di un popolo incomparabile. Se da un lato vede in Croker un razionalista, e ne tralascia l’apparato critico di antichista, Yeats manifesta la scelta di un poeta per la bellezza di un mondo che si sta perdendo, e fa a meno di filtri eruditi, salvo i ritocchi del poeta. Ma apprezza di certo Croker, se sceglie da lui il numero maggiore di testi. Il più concreto dei riconoscimenti.
Il libro di Croker è oggi, grazie a Francesca Diano, il libro più importante da leggere, da tenere tra i propri classici, della letteratura irlandese al di fuori del tempo. Un’opera unica.