Normalmente, attraversare a piedi la tua città sembra assurdo, anche se si parla di Bologna che non è Tokyo o Londra, ma si tratta della scoperta di un nuovo modo di vedere i posti. La prima cosa che faccio quando sono all’estero è attraversare una città a piedi: a Londra o Parigi ci vuole una giornata intera. Si vedono i diversi quartieri, si notano le origini diverse di chi s’incontra, si comprende quali sono le zone più care e quelle popolari. Dopo, le conosci un po’ meglio che non se fossi andato solo a vedere il Louvre o la Torre di Londra. Trovo che andare in bicicletta sia interessante, e mi piace fare piccoli viaggi in sella. Però la differenza nella conoscenza del territorio quando viaggi in bicicletta o a piedi è incomparabile. Man mano che cammini ti nasce la curiosità su quel che ci sarà dietro quell’altra fila di colline: «Più sai, meno sai», come dicevano i saggi dell’antichità e ti sembra di saperne sempre di meno. Ho l’impressione molto forte che i camminatori siano in aumento, e la sensazione che la platea di chi va a piedi si sia ampliata a dismisura è quasi ovvia: una volta faticavo a trovare due o tre compagni per camminare in un weekend, oggi con un gruppo di amici di varie parti d’Italia abbiamo deciso di fare ogni anno un viaggio a piedi. Al nostro viaggio «Italica 150», dall’Alto Adige alla Sicilia, hanno partecipato più di cento persone, e attorno a me ho visto crescere enormemente il numero delle persone che camminano. Ci sono tanti neofiti, e lo dico come uno che è stato abituato ad andare in montagna da piccolo e, quando vedo un camminatore in jeans con le cuffie con la musica nelle orecchie, lo guardo un po’ come se fosse un troglodita. Poi, per forza, i trogloditi interessati al nostro discorso sul camminare diventano via via sempre meno trogloditi e sempre più raffinati nelle loro scelte. I motivi principali per questa nuova attenzione al cammino non sono né sportivi né turistici. La prospettiva da cui le persone sono più attratte è quella di prendersi un momento speciale nella vita per mettere da parte le abitudini e la routine e anche prender delle decisioni. Che spesso sono delle decisioni di cambiamento. La gente rimane sbigottita quando racconto che durante «Italica 150» due miei amici hanno deciso di cambiare lavoro. E vedo spesso persone che stanno valutando la stessa idea non da ieri, che fanno una faccia come dire: «Cavolo, è la stessa idea che ho avuto io»! Penso che camminare funziona perché spegni il rumore di fondo che nella vita in città hai sempre intorno, fatto di incontri con persone che alla fine della giornata non ricordi neanche. Mentre le persone che incontri lungo la via non te le dimentichi. Si sta ampliando il bacino, ma si parla ancora di una minoranza molto ridotta rispetto ad esempio alla Francia e il motivo è culturale. Ma camminare sta diventando di moda? Forse sì: ho notato che a Rimini in tre anni sono sorte 5 diverse scuole di
nordic walking specializzate: giorno e notte s’incontrano dei gruppi di 70 persone che seguono l’istruttore. Per chi vuole camminare, un solo consiglio: un amico. Camminare, come scrivere, è un’attività che puoi provare e imparare da solo. Ma potresti anche accorciare enormemente i tempi ed evitare gli errori più ingenui grazie a una conoscenza personale che ti spieghi come evitare alcune sciocchezze. Quindi a chi mi dice che non è mai uscito all’aperto, consiglio di trovare un amico con cui andare fuori la prima volta e poi magari la seconda tornarci da solo. Porto le mie figlie in luoghi adatti a loro, che sono giovanotte delle elementari: nulla di pericoloso certo, ma cerco di farle crescere con l’idea che c’è un sentiero adatto a 6 anni, uno adatto a 8 anni, uno che va bene a 10 anni solo col sole... L’importante è spiegare che non si deve aver paura, poi i ragazzi decideranno se gli piace camminare e se avranno voglia di farlo.<+copyright>