domenica 25 settembre 2022
La docuserie di “Ossi di seppia” su Papa Luciani, targata 42° Parallelo e in onda su RaiPlay (dal 30 su Rai 3) con Stefania Falasca, smonta tutti i falsi storici sulla morte di Giovanni Paolo I
Papa Albino Luciani e il successore Karol Wojtyla

Papa Albino Luciani e il successore Karol Wojtyla

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La fake è finita, andate in pace. Perdonate la blasfemia, ma questa è la sintesi dopo la visione in esclusiva per Avvenire di Papa Luciani, il mistero svelato (cosa si nasconde dietro la sua morte), terza puntata della docuserie Ossi di seppia in onda in anteprima martedì 27 settembre su RaiPlay e venerdì 30 settembre su Rai 3, in seconda serata. Dopo le prime due puntate, su Maradona e il “caso Tortora”, questo è il doc più “definitivo” tra i 26 che caratterizzeranno la terza edizione di Ossi di seppia. Un format che nei suoi intenti programmatici punta ad «andare oltre il documentario, superare tutti i generi, e creare, attraverso la difesa e la valorizzazione della memoria, un ponte di contatto, di confronto e di possibile condivisione con la generazione Z». È il “manifesto” di Mauro Parissone, direttore editoriale di 42° Parallelo che ha portato sul piccolo schermo un format assolutamente innovativo, a partire dal linguaggio («usare il passato per parlare del presente») e una fotografia di forte impatto firmata da Daniele Ciprì (della premiata ditta di BlobCiprì e Maresco).

Valore aggiunto, i contenuti storico-giornalistici curati da una redazione composta da trentenni, come la capo progetto Giorgia Furlan. Un lavoro certosino quello di 42° Parallelo che attraverso la piattaforma del servizio pubblico, «perché la memoria non può essere mica merce della tv a pagamento», sottolinea Parissone, intende far “esplodere” con «la rilettura del passato, quella “bolla” del presente in cui vivono anche gli adulti, ma soprattutto i giovani digitali che, bombardati dalle sollecitazioni dei social, non hanno quasi mai la percezione dell’immagine reale della storia e dei suoi protagonisti». Pertanto, seguendo Ossi di seppia nella sua direzione ostinata e contraria, provvidenziale sarà la visione di Papa Luciani: il pontificato più breve della storia, appena 34 giorni. Una storia che dal momento della morte di Papa Giovanni Paolo I, avvenuta il 28 settembre 1978, la vulgata, mista alla leggenda metropolitana, ha relegato alla voce il “Papa assassinato”.

Una letteratura a tinte noir che ha portato acqua al mulino complottista, prevalentemente di mastate trice anglosassone, che la scrittrice e giornalista di Avvenire- Stefania Falasca – biografa di Giovanni Paolo I e voce narrante del documentario – definisce «la più grande fake di sempre. La presunta morte violenta di un Papa trattata come story-telling deformando la storia e creando un personaggio non reale, quello di un uomo che sarebbe stato “contro la curia”, un “liberatore” di chissà quali paure universali. Papa Luciani era stato eletto al soglio pontificio per acclamazione, quindi si trattava di un riformatore scelto dalla Chiesa: il primo Papa dopo il Concilio Vaticano II chiamato a portare avanti le strade maestre del Concilio compreso il dialogo ecumenico. Il dialogo con tutte le religioni, come oggi sta facendo anche papa Francesco, al servizio della pace. Le affinità tra papa Luciani e papa Bergoglio si trovano nell’essere apostoli del Concilio, inteso come risalita alle sorgenti, al Vangelo».

Ma tornando alla megafake della morte di papa Luciani, Ossi di seppia smonta punto per punto tutte le dicerie degli untori di falsità. «Gli alvei della letteratura noir sono redditizi ma non interessano alla storia – spiega Stefania Falasca che in Papa Luciani Cronaca di una morte (Piemme) ha pubblicato i risultati della ricerca e i documenti – . Non è più il tempo degli irriducibili dell’indocumentabile, qui a parlare sono solo le carte autentiche, coeve alla morte del Papa, rinvenute nel corso di un lavoro sistematico di una ricerca decennale condotta secondo la prassi del metodo storicocritico. Un lavoro esclusivamente sulla base delle fonti e dei riscontri documentali acquisiti nel corso del processo canonico che ha trattato anche l’epilogo della vita di Giovanni Paolo I». Per la biografia sono setacciati 70 archivi compresi quelli vaticani.

«A conclusione della disamina – continua Stefania Falasca – ci sono i referti secretati e coperti, anche dal segreto professionale, ai quali si aggiungono le considerazioni dei rinomati docenti dell’Istituto di Medicina legale dell’Università La Sapienza di Roma che operarono per la conservazione della salma, da cui si evince che Luciani è stato colpito da “morte improvvisa” nella tarda serata del 28 settembre. In medicina legale con l’espressione “morte improvvisa” o “imprevista” s’intende sempre “morte naturale”. L’autopsia non fu fatta, la verità nuda e cruda: fu un infarto a portarlo via». Una cattiva comunicazione ha generato delle insensate zone d’ombra, a cominciare dalla miriade di congetture e ipotesi sul ritrovamento del Papa morto.

Un compito doloroso che toccò a chi lo accudì in quei 34 giorni, come suor Margherita Marin, unica testimone vivente che sull’ultimo numero dell’inserto di Avvenire, Luoghi dell’Infinito ha ricordato alla Falasca le fasi concitate di quel risveglio all’alba del 28 settembre del ’78. Le prime ad entrare nella stanza di papa Giovanni Paolo I furono appunto suor Margherita e la più anziana suor Vincenza Taffarel che vedendo che il Santo Padre non rispondeva alle sue sollecitazioni («ha bussato alla porta, ha bussato di nuovo e non ha risposto», racconta suor Margherita) si lasciò sfuggire un ingenuo quanto affettuoso: «Santità, lei non dovrebbe fare di questi scherzi con me».

L’unico scherzo di questa vicenda invece l’ha giocato “l’antistoria”, ma dopo la beatificazione di papa Luciani tutte le nubi del passato si stanno gradualmente diradando. «In Argentina il miracolo della guarigione della piccola Candela ha surclassato tutte le congetture sulla sua morte – conclude Stefania Falasca – . Così come molti che ignoravano la storia e le sue opere stanno imparando a conoscere ciò che lo rendeva unico, e cioè quel suo parlare in prima persona e la geniale intuizione di dosare sacro e profano come il vecchio con il nuovo. Dalla visione del documentario mi aspetto che l’interesse verso papa Giovanni Paolo I cresca sempre più. Quanto a noi, mi auguro che il telespettatore comprenda che solo il lavoro fatto con passione sulle fonti permette la ricostruzione della storia vera. E come sosteneva George Bernard Shaw, «la verità è semplice».

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