Dunque... Oggi visita al museo, poi giro nella cattedrale, nel primo pomeriggio escursione sul fiume e subito dopo capatina al centro storico; questa sera infine imperdibile visita guidata del cimitero... Non occorre immaginare che sia il programma di una gita aziendale di necrofori, e nemmeno il tour imbastito da un gruppo di barbari necrofili; è semplicemente ciò che viene proposto con sempre maggiore normalità dalle agenzie di viaggio al cliente medio. Il camposanto, infatti, sta diventando una meta turistica come tante altre, una sorta di museo a cielo aperto dove arte e storia s’incontrano a volte con esiti degni di nota – e dunque di conoscenza. E non parliamo soltanto del solito Père-Lachaise di Parigi, che ospita le tombe di illustri vip della cultura, o del frequentatissimo cimitero ebraico di Praga, o – per stare a casa nostra – del Monumentale di Milano: tutti luoghi dove le visite turistiche sono già un business ben avviato. Ma anche di tanti altri spazi dell’eterno riposo assai meno celebri e tuttavia notevoli magari per paesaggio naturalistico, per curiosità di allestimenti, per storia, per iniziative collaterali. Esiste addirittura una «Via europea dei cimiteri» – analoga a quella, per esempio, dei vini o del romanico – riconosciuta dal Consiglio d’Europa nel 2010 come «Cultural Route» e che lega insieme 63 campisanti siti in 50 città di 20 nazioni: dal «Primo cimitero» di Atene al «Prado do repouso» di Porto (Portogallo), dalle tombe nella pineta del Metsakalmistu di Tallinn (Estonia) al Ford Park Cemetery di Plymouth (Gran Bretagna). In teoria, un turista potrebbe dunque seguire in tutto il vecchio continente il fil rouge (o nero?) della European Cemeteries Route – che ha sede e centro di documentazione a Bilbao: nel cimitero, ovviamente – per scoprire con una certa sorpresa che le città dei morti conservano le vestigia di un passato tutt’altro che defunto. Come ben viva è l’attività dell’Asce (Association of Significant cemeteries in Europe), una onlus fondata nel 2001 dall’italiano Mauro Felicori e oggi – benché abbia ancora sede a Bologna– presieduta da una slovena giovane e carina, Lidija Plibersek. L’associazione, che raduna 179 cimiteri «significativi» in 22 Paesi, si propone di preservarli come luoghi culturali e di diffondere l’idea che anche questi siti fanno parte del patrimonio storico e artistico europeo: come se le tombe degli antenati ci offrissero in se stesse una parte della nostra eredità culturale.
A tale scopo, oltre alle normali attività scientifiche come periodici convegni di studio e raduni (con visite ai cimiteri locali: quest’anno è toccato al crematorio di Amsterdam), l’Asce propone iniziative innovative: la creazione di guide turistiche cimiteriali, la distribuzione di una cartellonistica ufficiale a tutti i campisanti associati (in futuro si pensa a postazioni interattive, ma per visitare alcuni cimiteri esistono già app scaricabili sul telefonino), la proposta di una settimana annuale di «scoperta» dei cimiteri europei... Intorno a questi luoghi morti c’è un’attività da non credere. A Barcellona, per esempio, il cimitero di Montjuic ha allestito un museo dei carri funebri storici. L’università inglese di York si è dotata di un molto scientifico Cemetery Research Group. Il cimitero di Agramonte a Porto organizza giri tra le tombe per fotografi amatoriali, mentre quello vittoriano inglese di West Norwood (Londra) da un paio d’anni propone rassegne d’arte moderna tra i mausolei – l’ultima ha avuto 4000 visitatori – con tanto di festa-picnic conclusiva. Nel Pobrezje di Maribor (Slovenia) non si giudica sconveniente portare in gita gli alunni delle elementari. A Cordoba, in Spagna, è in corso la V edizione di «Mundamortis», giornate culturali incentrate intorno ai sepolcreti locali. Il cimitero nuovo di Podgorze a Cracovia gestisce raccolte di fondi per il restauro delle lapidi più malandate. In Germania un sito Internet ha lanciato un concorso di bellezza tra campisanti, e l’autorevole giuria ha dichiarato vincitore l’Ohlsdorf di Amburgo... Anche il cimitero di Staglieno ha appena concluso le sue visite mirate alle tombe di scienziati ivi sepolti. È indubbio tuttavia che – sarà la sovrabbondanza di reperti artistici del Belpaese, sarà piuttosto una certa scaramanzia nel trattare ciò che riguarda i defunti – l’Italia si trova un po’ indietro nella valorizzazione dei suoi cimiteri. All’Asce ne sono iscritti parecchi dello Stivale, esattamente 17 (e anche il numero non è proprio benaugurante...). Il più a sud è quello a gradoni di Bonaria, Cagliari; il più a nord sta a Trento.
Ma ci sono anche Lecco, La Villetta di Parma (dove riposa Paganini), la Cigna di Livorno (con un antico Tempio crematorio), il moderno San Michele in Isola a Venezia – ampliato su disegno dell’architetto David Chipperfield –, l’Osservanza di Faenza, la Certosa di Bologna, il San Prospero di Sassuolo... Forse quello più caratteristico è il Monumentale di Poggioreale a Napoli, che alberga l’unico esempio conosciuto di cappella cimiteriale illuminista: 366 pozzi, uno per giorno dell’anno, pronti ad accogliere ciascuno i morti di giornata, per poi essere ricoperti e riaperti l’anno seguente alla stessa data... In effetti è difficile non farsi conquistare dalle storie racchiuse in questi sepolcri e – perché no? – dall’oggettiva bellezza di alcuni cimiteri. Il sito Internet dell’Asce permette facilmente di stupirsene, grazie alle gallerie fotografiche e alle riprese dall’alto. Così si possono ammirare i tranquilli cimiteri svedesi, posti direttamente lungo le strade e caratterizzati da antiche croci in ferro battuto (ma lo Skohskyrkogarden di Stoccolma è talmente avveniristico da essere considerato un monumento d’arte contemporanea degno di essere inserito nella lista Unesco). Da parte sua Londra ha stilato una lista ufficiale di «magnifici sette» cimiteri-giardino, tra gli oltre 100 della metropoli: il celebre Highgate (che è anche riserva naturale con ben 270 specie di animali), Kensal Green, Abney Park (cinto da 2500 specie arboree diverse, piantate in ordine alfabetico!), Nunhead con le sue catacombe, Brompton dove abitano stormi di corvi. Ancora: a Varazdin, in Croazia, il paesaggista Herman Haller all’inizio del Novecento ha voluto trasformare il camposanto in un vero giardino alla francese, modellando siepi e cipressi. A Dublino, il Glasnevin alberga ben un milione e mezzo di salme, tra cui quelle della grande carestia di metà Ottocento. All’opposto il cimitero degli Inglesi a Camarinas, in Spagna, ospita solo qualche decina di corpi, recuperati dai numerosi naufragi sulla vicina e burrascosa Costa de la Muerte. A San Sebastian (Spagna) il camposanto di Polloe è gerarchicamente e ortogonalmente organizzato, in modo da riprodurre la scala sociale anche dopo morti. Al contrario il vecchio cimitero di Podgorze, oggi inglobato in Cracovia e in disuso ormai dal 1900, è una collina boscosa molto suggestiva per colori e silenzi; roba da fare la fila per seppellirsi lì.