La foresta dove si vede un tratto del muro costruito da Crasso - Visona/Università del Kentucky/Fondazione per l'archeologia calabrese
Un gruppo di archeologi ha identificato in Calabria una fortificazione che risale a circa 2000 anni fa e che sembrerebbe essere stata costruita dai romani per bloccare Spartaco dalle sue scorrerie in Italia meridionale. Spartaco, reso famoso anche dal film con Kirk Douglas e diretto da Stanley Kubrick, fu il capo della rivolta degli schiavi romani ed ebbe tali successi e un tal seguito da riuscire a dare vita a un esercito che in alcuni momenti superò i 100mila uomini. I ricercatori hanno concluso che il muro, oggi quasi interamente ricoperto da muschio, che si estende per 2 chilometri e 700 metri, fu costruito dal generale romano Marco Licinio Crasso nel 71 a.C. quando Spartaco aveva raggiunto una tale forza da doverlo fermare a tutti i costi. Crasso sapeva che Spartaco stava ritornando da un tentativo fallito di sbarco in Sicilia e pensò di bloccarlo nel punto in cui sarebbe passato. Quel muro sarebbe dovuto essere l’estrema difesa. Spartaco tuttavia, riuscì a oltrepassarlo e dirigersi verso l’Apulia anche se poi, inseguito dai Romani, ebbe la peggio e fu sconfitto.
Una punta di lancia trovata nel sito - Visona/Università del Kentucky/Fondazione per l'archeologia calabrese
Stando all’Archaeological Institute of America, gli archeologi hanno studiato il muro dopo che un gruppo ambientalista locale li aveva informati del sito, collocato nella foresta di Dossone della Melia, nell’Aspromonte. È stato allora che il gruppo di archeologi, guidato da Paolo Visonà dell’Università del Kentucky, utilizzando georadar (radar in grado di penetrare il terreno), lidar (laser sparati da un aereo per mappare la topografia del terreno), magnetometria e campionamento del suolo, hanno potuto determinare alcune caratteristiche del sito che sfuggono all’osservazione in superficie a causa della folta vegetazione. E così, oltre al muro, hanno scoperto l’esistenza di un profondo fossato gli correva parallelo, un tipo di fortificazione spesso impiegato dai Romani. «Tenendo presente la posizione topografica, la mancanza di entrate e altri fattori, si può dedurre che il muro fosse una specie di barriera per fermare il nemico» ha spiegato Andrea Maria Gennaro, sovrintendente archeologico del Ministero della Cultura italiano che ha lavorato allo scavo: «Divide l’intera grande area pianeggiante in due parti». Da qui l’ipotesi che vuole che venne costruito da Crasso per contenere Spartaco e le sue forze. «Dopo aver tentato di andare in Sicilia, Spartaco non riuscì a muoversi lungo le zone costiere della penisola per l’ingente presenza romana e dunque l’unico modo per sfuggire a questi ultimi sembrava quello di attraversare l’Aspromonte». Da qui l’idea di contenerne l’avanzata con questo muro.
Una punta di giavellotto piegata trovata nel sito - Visona/Università del Kentucky/Fondazione per l'archeologia calabrese
La costruzione era stata menzionata da varie fonti storiche, in particolare dalla Vita di Crasso scritta dal greco Plutarco e ai nostri giorni era snota da tempo, anche se nessuno gli aveva dedicato una ricerca approfondita. Ora, dopo le prime ricerche eseguite da archeologi professionisti, sono venuti alla luce numerosi reperti sepolti nel terreno, tra cui armi di ferro spezzate, impugnature di spade, lame ricurve, punte di giavellotto e punte di lancia. La quantità di materiale lì presente fa supporre che vi fu una battaglia assai cruenta ancora tutta da capire. «Abbiamo iniziato a studiare le armi recuperate lungo il muro e i confronti con le armi dell’epoca dicono che dovevano essere state costruite nel tardo periodo repubblicano», ha spiegato Gennaro. Sempre stando ai primi rilevamenti sembrerebbe che esista un’area dove il muro venne violato e questo perché è stata scoperta un’alta concentrazione di armi rotte.
Una lama appuntita - Visona/Università del Kentucky/Fondazione per l'archeologia calabrese
«A un certo punto poi, il muro ruota di 180 gradi, formando una “U”: potrebbe essere stato costruito così per rendere più facile la difesa nel caso dell’avanzata del nemico», ha spiegato Visonà. «Si tratta di una fortificazione estremamente ben pianificata». Il piano ora, è di effettuare ulteriori scavi archeologici per rivelare altri segreti del sito, ma Gennaro ha affermato che «in questa fase iniziale, la nostra preoccupazione principale è proteggere il sito da potenziali saccheggiatori». Visonà ritiene che ci sia moltissimo da imparare: «Stiamo solo scalfendo la superficie”, ha affermato.