sabato 15 marzo 2014
​«Nel mio nuovo cd "Un abbraccio unico" il coraggio della piccola Malala e dei malati di Sla».
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Della rentrée di Ron nel circo mediatico della musica si è già parlato. E per forza, essendo avvenuta a Sanremo. A maggio si parlerà del suo ritorno ai tour, con le date teatrali del 15 a Milano e del 22 a Roma. Nel frattempo però il cantautore pavese ha licenziato un disco nuovo, il primo di inediti dal 2009, che prende il titolo dal brano più bello da lui proposto in Riviera, quello ovviamente eliminato subito: Un abbraccio unico. E in questo Cd, profondo per scrittura e moderno per sonorità, anche un testo inedito di Dalla trova musica e pubblicazione, si canta di valori, speranza e Malala, 17enne pakistana che lotta per il diritto all’istruzione. Soprattutto, Ron canta una volta ancora la Sla. Il suo continuo e coerente impegno per la ricerca contro la sclerosi laterale amiotrofica stavolta entra in una canzone, all’apparenza normale, che canta di un «sorriso in gabbia» cui «basta uno sguardo per parlarmi d’amore e del dolore che hai». Ron canta chi lotta contro la malattia come di un «gigante», e quasi si schermisce se chiediamo se il brano, L’inguaribile voglia di vivere, parli di Sla. «Beh, sì. Ma non se n’è ancora accorto nessuno. Io continuo a donare la mia musica per far conoscere i problemi, e la grandezza, di chi non ha la mia stessa fortuna».Ron, come nasce la canzone e perché non dichiararla?«Nasce dall’incontro con un malato di Sla, un anno orsono. Comunicava solo con gli occhi, eppure faceva lo spiritoso, aveva una forza incredibile. Sono dei giganti, quelli che riescono a combattere con il male e per la vita. E io, fin da quando la Sla colpì il mio amico Melazzini (ora presidente dell’Associazione Italiana contro la Sla, nda), ho visto che può far testimoniare la forza della vita. Non ho dichiarato i contenuti del brano perché penso si colgano: ma lo farò in tour, e in più modi promuovendo il disco».Che poi parla anche di Malala. Un disco impegnato?«Di lei mi ero ripromesso di scrivere da tempo. Come quando scrissi di Mathias Rust e del suo atterraggio a Mosca in piena guerra fredda: solo che in Malala il coraggio è più forte, più esplicitato, e va raccontato il più possibile. Se l’album sia impegnato non so, è fatto di cose che volevo dire. E dopo che Sanremo mi ha accettato ho preferito in venti giorni dirle e produrvi intorno un disco inedito, invece che fare una qualunque compilation di successi».Però Sanremo non ha premiato "Un abbraccio unico", canzone che dà il titolo al Cd e canto dei valori dell’uomo.«Pagani mi scelse per quel pezzo… Ci avevo puntato tutto anch’io, la gente per strada mi diceva che era più bello dell’altro. Pare siano stati i media a bocciarlo: spero che col Cd ora arrivi nelle case».Ma Sanremo serve, per riuscirci?«Serve solo a riposizionarsi, dire che ci sei. E fare in una settimana interviste con radio di tutta Italia, cui seguono richieste di concerti. A vendere dischi non serve. Ma cantare quattro volte per otto milioni di persone è tanto per un musicista oggi. Anche se come audience per la Rai era bassa».Da dove viene il testo inedito "America" di Dalla?«Dal mio periodo migliore, quello di Non abbiam bisogno di parole. 1992, hit parade, eppure non ero felice. Lucio mi scrisse di guardarmi dentro, tirare fuori il bello, aprirmi. Era tempo di dargli voce».Perché, oggi Ron ha trovato il suo equilibrio, come uomo?«Ho una scuola con duecento allievi, ho saputo convivere con progetti come Way Out che nessuna tv ha voluto e nessuno ha comprato. Ma è molto italiano non assecondare le esigenze di chi fa arte. Per imparare davvero a rispettare gli altri e a sentirsi completi, però, credo occorra una vita. Di certo io sono quello che canto: speranza, voglia di osare, reagire, passare valori positivi. Non canterei mai altro: e se questo vuol dire avere trovato l’equlibrio, allora sì».
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