lunedì 9 gennaio 2023
Messa di suffragio nella "sua" chiesa di Cristo Re celebrata dal vescovo Napolioni alla presenza della famiglia, delle autorità e di tanti ex compagni di squadra di Juve, Samp e Cremonese
La Messa di commemorazione di Gianluca Vialli a Cremona

La Messa di commemorazione di Gianluca Vialli a Cremona - Ansa

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Il campetto di Cristo Re è sempre lì, coricato sul fianco della chiesa, un po’ sotto il livello della strada. Lo stesso fango che nelle serate d’inverno rende il pallone tre volte più pesante e si appiccica sotto i tacchetti. Dalle maglie della rete a cui oggi sono legate delle sciarpe da stadio (Samp, Juve e Cremonese) e un mazzo di fiori, nei primi anni 70 si potevano sbirciare le prime gemme di talento di Luca Vialli. I primi gol segnati con la divisa storica del Corona, nei tornei organizzati da don Angelo Scaglioni per far divertire i ragazzi del quartiere e – chissà – per far nascere un campione. Stasera non si gioca. I ragazzi del Corona sono seduti attorno all’altare della chiesa parrocchiale dove mamma Maria Teresa portava il piccolo Luca e i quattro fratelli da bambini, a pochi passi da casa, durante la Messa in suffragio di Luca che la famiglia ha chiesto di celebrare proprio qui, aprendo le porte della preghiera e del ricordo alla sua città, nel giorno del lutto cittadino.

«Perché non in Cattedrale? – chiede e si chiede il vescovo Napolioni introducendo la Messa di fronte a un’assemblea numerosissima, che ha riempito i posti in chiesa e anche la piazza del sagrato -. Perché qui siamo in parrocchia, uniti gli uni agli altri. Qui – aggiunge con un riferimento agli altri defunti di cui si celebra il suffragio – il ricordo di Gianluca si unisce a quello di Roberto ed Enzo chiamati ad essere una sola famiglia, un solo popolo, una sola parrocchia».

La famiglia Vialli, i fratelli e i nipoti, seguono la celebrazione seduti in composto raccoglimento, da una nicchia ai lati dell’altare. La stessa riservatezza con cui la famiglia lo ha cresciuto e ha poi accompagnato la carriera del figlio, fratello, marito e papà campione. La stessa dignità con cui Luca ha affrontato vittorie, sconfitte, vita privata e luci della ribalta e, infine, la lunga malattia che lo ha portato via a soli 58 anni. Un modello. Questo è stato Vialli. Lo è stato per il coraggio con cui ha affrontato e anche raccontato la sua partita più dura, come o anche più di quanto lo sia stato al centro dell’attacco nei panni di “StradiVialli”, centratissimo soprannome coniato dalla penna di Gianni Brera per descriverne in un attimo il talento calcistico e il legame con la sua città, le sue origini.

«C’è tanto vangelo nelle storie di uomini e donne come Gianluca – riflette monsignor Napolioni nella sua omelia -. Ha saputo giocare non solo le partite del campionato ma quella dell’esistenza, specie quando si è fatta dura», con la forza di scegliere «di trasformare il male in bene, per sé e per le persone che amava». Portava spesso la moglie Cathryn e le figlie Olivia a Sofia nella sua Cremona, dove sono rimasti gli affetti della famiglia d’origine, tanti ricordi e amicizie più forti del tempo e delle distanze. Pagine di una vita che fin dai primi calci al pallone nel campetto di Cristo Re, ha seguito una strada tracciata da talento, applicazione, forza e passione. Qualità e valori che lo hanno portato ad emergere e, insieme, a restare ben saldo nelle scelte e nelle relazioni.

Dal Corona alle giovanili del Pizzighettone e poi, a 13 anni, alla sua amata Cremomese. Eccoli, spiccare ancora oggi nel momento più cupo, i colori del cuore: il grigio e il rosso, nei primi banchi della chiesa di Cristo Re. Accanto al sindaco Gianluca Galimberti, all’assessore regionale Guido Bertolaso, al patron Arvedi e ai dirigenti della Cremonese, gli ex compagni di squadra che hanno condiviso vittorie e sconfitte, salvezze all’ultimo respiro in serie B e finali di Champions League, da Finardi a Ravanelli, da Vierchowood a Peruzzi e agli altri campioni d’Europa bianconeri del 1996, ci sono i ragazzi del settore giovanile con lo stendardo della società ed è impossibile non ricordare l’ultima partita di Luca nel suo stadio, lo Zini, con una maglietta in “lana grossa” estratta senza macchie né smagliature dall’armadio dei ricordi di una vita per celebrare il ritorno in Serie A della sua Cremo lo scorso settembre, a più di 41 anni dal suo esordio tra i professionisti, con i riccioli da cantautore e le stimmate del predestinato.

Ai piedi dell’altare, accanto al presepe ancora allestito, le maglie indossate da Gianluca e un mazzo di fiori con la coccarda blucerchiata. Dalla parrocchia di Cristo Re ai cori dello stadio. A volte il pallone sceglie strane traiettorie per finire all’incrocio dei pali e, proprio nell’ora del raccoglimento e della preghiera, la sua Cremo lo porta in campo a Verona, sul braccio di una maglia commemorativa, bianca e lilla come nel giorno della fondazione del club di cui “StradiVialli” è stato l’astro più luminoso. È l’ultimo saluto e già ci si chiede, a Cremona, se quello stadio dove tutto è iniziato non debba portare il suo, di nome.

«In cielo - ha concluso l’omelia il vescovo Napolioni - si gioca senza sconfitte, classifiche e retrocessione, ma alla maniera dell’oratorio dove si tira per ore, ci si scambia di ruolo e non ci si stanca mai». Ora «Gianluca sta dicendo a tanti ragazzi un bel “seguitemi”: fatelo così lo sport, appassionatamente, non per soldi e carriera, ma per dignità e bellezza dell’esistenza; e lo dice a noi che prima o poi facciamo tutti i conti con malattia e morte: seguitemi senza paura anche in quel sentiero stretto e doloroso, perché non ci impedisce di volerci bene, anzi spreme da noi ancora più amore. Grazie Gianluca!».

Ha mantenuto le sue promesse Vialli. Ha vinto lo scudetto con la Sampdoria, sollevato la Coppa dei Campioni con la Juve, vestito l’azzurro in campo e fuori, regalando a tutta Italia un Campionato Europeo dalle emozioni esplosive, insieme all’amico Mancini e a un gruppo di giovani calciatori cui è stato anima vitale e trascinatore gentile. Ancora una volta un esempio da seguire. Per sempre campione.

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