
L’azzurro Simone Deromedis, 24 anni, campione del mondo di skicross - Ansa
C’è un azzurro che vola sugli sci, tra salti, gobbe e curve paraboliche. È Simone Deromedis, campione del mondo in carica di skicross e grande protagonista in questo scorcio iniziale di stagione, grazie al successo in Val Thorens e al secondo posto, a un centimetro dal canadese Reece Howden, nella prova in notturna andata in scena martedì ad Arosa. Una competizione sprint, di appena 510 metri su un anello a ferro di cavallo ben visibile per intero dal centro cittadino, durante la quale il trentino ha dimostrato di essere in grande forma, inchinandosi soltanto al fotofinish al nordamericano e issandosi in vetta alla classifica generale di coppa del mondo: « Una gara di appena trenta secondi, quindi meno della metà rispetto alle tradizionali di 1 minuto e 10 secondi, ma su una pista incastonata nel paese con tanta gente a seguirci sotto le luci artificiali», spiega il ventiquattrenne della Val di Non, il nome nuovo del settore. Il più giovane del gruppo azzurro, ma già lanciato grazie a tre vittorie, quattro secondi e un terzo posto nel circo bianco, a cui aggiungere il sonante oro iridato acciuffato a Bakuriani, in Georgia. Smaltita la fatica sulla neve elvetica, Deromedis è salito ieri mattina sul furgone insieme ai colleghi Edoardo Zorzi, Davide Cazzaniga, Dominik Zuech, Federico Tomasoni e Yanick Gunsch, e all’unica ragazza del gruppo, Jole Galli, con destinazione San Candido, dove oggi si torna in pista per il turno di qualificazione, in vista della due esibizioni nella località pusterese, domani e sabato.
«Mi piace pensare gara dopo gara senza pormi limiti. In stagione ci saranno sedici appuntamenti, quindi la cosa importante sarà essere in vetta alla fine, non adesso», racconta Deromedis, contento che il circuito finalmente viva su tanti atti agonistici: « Per alcune stagioni si è fatta fatica ad allestire le gare, perché per lo skicross servono tanta neve e la pista costruita in un certo modo, utilizzando alcuni gatti speciali. Adesso, con la presenza anche di gare più brevi, come quelle di Arosa, abbiamo tante occasioni». Nato e cresciuto a Taia, nel comune di Predaia, Simone aveva cominciato relativamente tardi con lo sci alpino (« La prima gara l’ho fatta a 13 anni, in precedenza sciavo già con mio papà, ma solo per divertimento»), poi per puro diletto aveva provato lo skicross in occasione di un Trofeo Topolino: « Era il 2015 ed è stato amore a prima vista. Una gara tira l’altra e non ho più smesso, sebbene continui comunque fare anche il gigante, perché fa parte del nostro allenamento». Infatti la differenza nello skicross la si fa nelle curve: « È lì che si effettuano i sorpassi e si recupera sugli avversari, pertanto la base da sciatore alpino è fondamentale. Magari prima della fine della carriera mi piacerebbe fare pure una libera, giusto per il piacere di gareggiare con gli sci lunghi ai piedi». Infatti per caratteristiche fisiche uno specialista dello skicross è simile a un discesista: « La massa muscolare è la stessa, ma in più occorrono riflessi molto più spiccati giacché durante le gare bisogna gestire la lotta spalla a spalla con gli avversari. Rapidità e flessibilità sono doti che ci contraddistinguono».
Sui salti invece la caratteristica distintiva rispetto allo sci alpino è dato dalla rampa: « La prima parte della sciata è in salita per poi spiccare il volo. Restiamo in aria per una trentina di metri a un’altezza da terra di circa sei metri». Classe 2000, Deromedis ha riportato l’Italia in alto, in un ambiente dove il tricolore era scomparso: « Il direttore tecnico dello skicross, Bartolomeo Pala, ha creato un team partendo da zero. Qualche anno fa eravamo uno sci club, oggi siamo una squadra forte e compatta, con sei uomini e una donna in Nazionale A, più tanti giovani in quella B e nel novero degli osservati». L’alle-namento avviene sempre in posti diversi. « Le località più frequentate sono lo Stelvio e Saas-Fee in estate e il Passo San Pellegrino in inverno, per il resto ci muoviamo in continuazione, in furgone quando restiamo sulle Alpi, o in aereo quando raggiungiamo il Canada, la Svezia o la Georgia. Proprio i pendii di Idre e Bakuriani sono i miei preferiti, mentre in Italia oltre che a San Candido gareggeremo in Val di Fassa a febbraio». Nel 2026 i titoli olimpici si assegneranno invece a Livigno, su una pista ancora in lavorazione: « Preferisco non pensarci, perché il mio motto è concentrarmi gara per gara, ma è comunque bellissimo poter avere questa possibilità, che non capita a tutti gli atleti. Purtroppo il test event non verrà fatto questa stagione, ma contiamo comunque di provare la pista nuova prima dei Giochi». La sua vita è incentrata sullo sport: « In inverno quando non gareggio mi piace seguire dal vivo gli altri sport della neve, così la settimana scorsa ho seguito le prove di alpinismo a Courchevel, mentre quando sono a casa mi piace vedere in tv le competizioni motoristiche. In estate invece sono un fanatico della bicicletta da corsa e della mountain bike». Un’acrobata alla ricerca del giusto equilibrio con gli sci ai piedi.