Il cast di “Grease”, in scena al Teatro della Luna a Milano (Francesco Prandoni)
New York e Londra. Perché il sogno resta quello di Broadway o del West End. Dove in ogni strada c’è un teatro con un musical in cartellone: Il re leone e Mamma mia!, Il fantasma dell’opera e Jesus Christ superstar. Ma oggi chi sogna A chorus line e I miserabili, artisti di casa nostra formatisi nelle numerose scuole italiane e che con un termine inglese in gergo si definiscono performer, guarda anche alla Germania. «La piazza migliore in Europa dopo Londra per il musical» spiega Francesca Taverni, fiorentina di nascita, un diploma di danza classica a Londra, nome in locandina in numerose produzioni italiane e quattro anni in Germania «prima a Berlino per Cats e poi a Stoccarda nel cast di Wicked ». Sulla Germania ha investito la Stage entertainment, scommettendo su artisti italiani. È il caso di Gian Marco Schiaretti, nato a Parma nel 1986, per tre anni protagonista di Tarzan ad Amburgo e ora scritturato dalla produzione inglese di Evita. «Le scuole italiane si stanno organizzando – spiega Francesca Taverni, che si divide tra palcoscenico e insegnamento – e accanto a materie tradizionali come canto, ballo e recitazione mettono l’inglese e il tedesco».
Contratti di almeno un anno, stipendi adeguati, assistenza sanitaria e un ufficio di collocamento che segue i performer disoccupati. «Mi sono sentito trattato come un lavoratore dello spettacolo» racconta Gianluca Briganti, attualmente in scena a Milano con Bodyguard. «Sono reduce da 20 mesi nel cast di Tarzan a Stoccarda e terminata l’esperienza milanese tornerò in Germania per Cats » dice l’artista trentenne di Viareggio, un passato da calciatore prima di essere conquistato dalla danza. «A Milano ho frequentato il Mas anche se la scuola che mi ha insegnato di più è stato il palcoscenico ». Quello che, secondo Briganti, fa la differenza. «I performer stranieri fanno lo spettacolo senza sudare, con il rischio di lavorare ogni sera come su una catena di montaggio. Noi italiani mettiamo quel qualcosa in più che rende lo spettacolo sempre diverso» interviene Francesca Taverni che ha lasciato l’Italia nel 2003. «Lo consiglio a tutti: fatelo se potete al di là di qualsiasi paura».
Stesso consiglio che arriva da Alice Mistroni. «A 18 anni sono andata a studiare a New York e ci sono stata per quattro anni, quando non c’erano ancora scuole specializzate. Oggi le nostre accademie preparano molto bene, ma è quasi obbligatorio andare all’estero per confrontarsi con quanto accade nel mondo» dice la performer ferrarese, convinta che «non si smette mai di studiare. Tre anni fa sono andata a Londra e per due sono tornata a lezione». Londra dove nel cast di Mamma mia! c’è Filippo Coffano Andreoli. Londra dove da qualche settimana, non nascondendo una delusione nei confronti dell’Italia, si è trasferito Simone Leonardi che in patria è stato tra i protagonisti di successi come Priscilla, Newsies e West side story. «Il nostro paese non coltiva i propri talenti, in nessun campo: ingegneri, architetti, imprenditori, ma soprattutto artisti sono costretti ad espatriare. Non c’è spazio per emergere in un paese malato di eccesso di semplificazione » dice amaro Leonardi, sbarcato in Inghilterra «per studiare, esprimermi liberamente, crescere. Per mettermi alla prova e ricominciare da zero in un posto dove non mi conosce nessuno e dove lotto quotidianamente per conquistarmi la fiducia delle persone». I primi riscontri sono buoni perché, spiega l’artista romano, classe 1982, «all’estero gli italiani sono in generale stimati per la loro creatività, per la passione e per l’abnegazione con la quale lavorano». Così nel cartellone della versione tedesca di Tarzan spiccano i nomi di Alessio Impedovo ed Emanuele Caserta mentre Angelo Di Figlia è stato prima a Parigi nel cast de La bella e la bestia e poi a Vienna in quello di Mary Poppins prima di tornare in Italia.
Da dove, invece, è partito Michel Altieri. Destinazione Stati Uniti. «Sono cresciuto a Milano, ma New York è sempre stata la mia scena ideale fin da bambino, per questo ho preso la cittadinanza americana» racconta l’attore, classe 1978, che a New York è stato Dracula e ora è impegnato sul set cinematografico. «La ribalta internazionale è la cosiddetta gabbia dei leoni, ti forgia, ti stacca dalle piccole paure del piccolo mondo da cui vieni. In Italia, poi, le opportunità sono troppo spesso negate o limitate a strani percorsi tortuosi». Concorda Francesca Taverni per la quale «nel nostro paese, in tutti i campi, manca la meritocrazia. Ma si va avanti». Convinzione diffusa. Anche se c’è chi è convinto che costruire una carriera in patria si può. «Si lavora molto e negli ultimi quindici anni la qualità degli artisti si è notevolmente alzata. Ho molti studenti impegnati in scena. Il lavoro c’è, ma non per tutti. La stessa cosa, però, accade anche all’estero» riflette Alice Mistroni, che da qualche tempo è direttrice artistica della Scuola del musical di Milano. Accademia dove si è diplomata Lucia Blanco. «Mi sono sempre definita un’operaia del musical» racconta l’artista di Augusta che dopo tanti titoli oggi è protagonista nei panni di Sandy in Grease in scena a Milano per celebrare i vent’anni dalla prima edizione italiana del popolare titolo. «Ci vuole molta tenacia, ma ce la si può fare. Tante volte mi sono sentita dire il classico “le faremo sapere”. Certo, mi è venuta la tentazione di mollare tutto e andare all’estero, ma ho resistito». In Italia è rimasto anche Riccardo Sinisi, comasco, classe 1992, anche lui nel cast di Grease dopo essere stato protagonista di Footloose accanto a Beatrice Baldaccini, anche lei passata per Grease.
Una nuova generazione dopo quella di Manuel Frattini, Gianluca Guidi, Giampiero Ingrassia, Maria Laura Baccarini cresce: Flavio Gismondi, classe 1989, dopo Newsies è ora protagonista di Jersey boys, Luca Giacomelli Ferrarini, classe 1983, dopo il successo come Mercuzio in Romeo e Giulietta è stato protagonista di Fame e West side story. Tutti in versione italiana. Tanti titoli. Con il rischio d’indigestione. «Qualcosa, però, sta cambiando nel panorama italiano: un tempo c’era più mercato di giro, oggi invece più produzioni hanno capito che è meglio fare la residenza in una città» spiega Federico Bellone, regista di successi come Flashdance, Newsies, Fame, Bodyguard, Dirty dancing. Titolo, quest’ultimo, che ha anche allestito in Inghilterra e in Messico. «Ogni volta che lavoro all’estero porto a casa un’esperienza positiva perché c’è più tradizione e più esperienza nel campo del musical » dice Bellone, milanese, classe 1981 per il quale nel nostro paese «dopo l’intasamento di questi anni calerà il numero di produzioni e rimarranno le cose più grosse».