Le Tre Rose Rugby, la squadra di Casale Monferrato che schiera per lo più richiedenti asilo e rifugiati - Walter Zollino
«Le Tre Rose mi hanno insegnato che se si fa qualcosa per la comunità senza secondi fini, poi il bene ritorna». Così Paolo Pensa, 62 anni, parla di quello che ha imparato dall’esperienza de Le Tre Rose Rugby, squadra di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, formata per la maggior parte da rifugiati e richiedenti asilo, di cui è presidente. Un club che partecipa al campionato di Serie C, il quarto gradino della piramide rugbistica italiana e che sta per compiere dieci anni. «Come molte cose - ricorda l’ex carabiniere e operatore salesiano - siamo nati per caso. Nel 2014 per la prima volta proposi alla cooperativa Se.Na.Pe di portare alla polisportiva Tre Rose di Rosignano Monferrato alcuni degli ospiti delle loro strutture di accoglienza. I primi ad accettare la sfida furono alcuni ragazzi del Ghana. Nonostante non avessero mai giocato a rugby prima mi assicurai, contattando le loro federazioni che non fossero stati tesserati. Loro si divertirono e soprattutto in pochi mesi dimostrarono di essere degli ottimi atleti».
Un’esperienza positiva che incoraggiò Paolo a proseguire. «Nel 2015 siamo partiti con il progetto mirato ai migranti - spiega - siamo andati a cercare i ragazzi nelle strutture e nelle scuole d’italiano, riuscendo a mettere in piedi un bel gruppo. L’obiettivo era ambizioso: i migranti delle Tre Rose guidati allora dall’allenatore Luca Patrucco, che aveva avuto soprattutto esperienze di settore giovanile, sarebbero diventati la squadra di rugby di Casale Monferrato, rappresentando un’intera comunità». Il progetto, che aveva ottenuto il patrocinio della Regione Piemonte, però trova un ostacolo. « Il regolamento della Federugby imponeva un limite agli stranieri da schierare - ricorda il dirigente, che è aiutato tra gli altri dal vicepresidente Stefano Saglimbeni – così noi di fatto avevamo una squadra che si allenava ma che non poteva giocare per ragioni burocratiche». Grazie all’impegno di Paolo e la sensibilità della FIR, però la situazione si è sbloccata. «Con una serie di deroghe - dice Pensa - è stato permesso ai ragazzi delle Tre Rose di giocare, venendo considerati di formazione italiana». Da quel giorno la squadra di rugby piemontese, la prima formazione multietnica a partecipare in Italia a un campionato federale, è diventata una realtà consolidata della palla ovale locale, con la presenza nelle categorie giovanili e si è trasformata in un potente strumento di inclusione. «Da noi in questi dieci anni sono passati una trentina di ragazzi per stagione- racconta il presidente - provengono per lo più dall’Africa subsahariana, vivono a Casale e nelle zone vicine e le Tre Rose hanno aiutato molti di loro ad avere un permesso di soggiorno duraturo, a trovare un lavoro e una casa. Lo sport ha consentito agli abitanti di conoscerli e offrire loro delle possibilità. L’essere della squadra è diventata una garanzia di affidabilità per chi si confronta con loro».
Tra i giocatori della squadra, che si allena due o tre volte a settimana, a seconda del calendario, al campo del quartiere Ronzone di Casale Monferrato, donato alle Tre Rose dall’amministrazione locale nel 2013, c’è Lamin Sanneh, 26 anni, originario del Gambia. «Sono arrivato in Italia nel 2016, passando per Lampedusa - ricorda il giocatore, sposato e da sette mesi papà - nel mio Paese giocavo a calcio, ero un wing, ala». «Quando sono arrivato in Piemonte – ricorda il giocatore autore di una delle due prime mete della squadra nella stagione 2024/2025 contro l’Unione Rugby Provincia Alessandria tanti miei connazionali mi avevano parlato della squadra e così ho cominciato». Lamin, che parla inglese in uno spogliatoio dove prevale il francese, ora è uno dei perni della squadra, in cui militano anche diversi giocatori italiani, come il catanese Filippo Russo, tornato a Casale dove era già stato all’inizio dell’esperienza delle “Tre Rose”. «Sono il mediano di mischia - racconta il gambiano ho la maglia numero dieci, segno i punti anche perché batto le punizioni e le trasformazioni». Lamin, che prima faceva il decoratore, si divide tra il campo e la cucina. «Lavoro come cuoco dice - agli allenamenti e alle partite mi porta Paolo, che ci ha sempre aiutato con tutto, soprattutto nei momenti difficili. Per me lui è un secondo padre. Noi non siamo solo una squadra ma una famiglia. Quando stiamo insieme cantiamo e balliamo».
Una storia, quella di Lamin e dei suoi compagni che racconta il potere dello sport e del rugby. «Nella palla ovale – argomenta Paolo Pensa - tutti hanno un posto e un ruolo, anche le persone magari con una fisicità particolare. E poi nel rugby esistono quelli bravi nel loro ruolo, ma non c’è nessuno che può risolvere le partite da solo. Si gioca, si vince e si perde tutti insieme». Il percorso delle Tre Rose, raccontato in un documentario prodotto e diretto da Walter Zollino e raccontato pure dalla CNN, è stato anche un modo per scardinare i pregiudizi riguardo ai migranti e i richiedenti asilo. «All’inizio in alcuni paesi era diffidenti - dice il presidente- poi hanno conosciuto questi ragazzi e si sono ricreduti, tifandoli e sostenendoli». Una strada, accompagnata dall’appoggio di Maxime Mbandà, giocatore del Colorno ed ex della Nazionale azzurra, papà congolese e mamma italiana e dai riconoscimenti, come l’incontro avuto nel 2018 con Papa Francesco. C’è stato anche qualche episodio di intolleranza. « Nel 2017 - ricorda Paolo- il pulmino con cui la squadra andava alle partite è stato danneggiato. La preside di una scuola della zona fece partire una raccolta fondi per aiutarci». Il cammino delle Tre Rose, allenate da Stefano Formaggio, che dal luglio 2024 grazie al sostegno della Fondazione della Cassa di Risparmio di Alessandria hanno un nuovo pulmino per gli spostamenti, però non è ancora finito, almeno nei progetti di Paolo Pensa. «Vorrei che si creasse uno zoccolo duro - conclude il presidente- molti dei ragazzi a causa del loro status rimangono per poco tempo, il sogno è lottare per la promozione». Una visione, una speranza come quella che le Tre Rose donano attraverso lo sport.