Valentino Rossi, 42 anni, saluta i tifosi dopo l'ultimo Gp della sua carriera a Valencia - Epa
Nulla succede per caso. E così anche la data del ritiro è sembrata un dono piovuto dal cielo: 14/11/2021, la somma (14+11+21) fa proprio “46”, la cifra con cui ha firmato un’epoca. Valentino Rossi lo sa e ci ha scherzato su: «Non è stato facile convincere Dio». Il giorno dopo l’ultimo giro di pista resta però la scia delle sue imprese: 9 Mondiali vinti, 433 gare disputate, 115 gare vinte, 235 podi. Numeri impressionanti ma che sono persino insufficienti per descrivere quanto il campionissimo sia andato ben oltre le due ruote. Un’icona non solo in Italia. Basta scorrere i titoli con cui la stampa estera ha celebrato l’unico pilota nella storia del motomondiale ad aver vinto il titolo in quattro classi differenti. Dalla Spagna AS con «L’addio del più grande» alla Germania con la Bild e la Gran Bretagna col Daily Mail un coro unanime di omaggio a una «leggenda».
In 26 anni di strepitosa carriera è riuscito ad appassionare almeno un paio di generazioni: «Tutti in piedi sul divano» direbbe Guido Meda, anche chi non si sarebbe mai sognato di guardare una gara di moto. Era il 31 marzo del 1996 quando un Valentino ancora 17enne faceva il suo debutto. Molti che allora erano poco più che ragazzini oggi hanno la barba bianca. E tanti domenica si sono commossi davanti alla Tv. Non lui, che l’aveva detto, è più facile al riso che al pianto. Anche se in realtà qualche volta è riuscito a stento a trattenere la commozione. Come tre anni fa sul podio con la dedica a uno dei suoi più grandi fan scomparsi, don Cesare Stefani, parroco della sua Tavullia, il sacerdote che faceva suonare le campane a ogni suo successo.
Eppure anche un calcolatore come Valentino (“The doctor” proprio per la sua capacità di studiare e prevenire ogni possibile difetto delle moto) ha dovuto incassare non pochi dolorosi imprevisti nel corso dalla sua vita. Devastante in tal senso la perdita del “Sic”, la scomparsa dell’amico e collega Marco Simoncelli nel 2011. Era sul punto di smettere: «Sono andato avanti per amore». Scioccante anche l’incidente dell’anno scorso in Austria: «Il rischio più grosso della mia carriera, il santo dei motociclisti ha fatto un grande lavoro». (San Colombano che la Federazione motociclistica italiana riconosce come patrono). In pista ha cercato fino all’ultimo di rompere la maledizione del 9, con quel decimo titolo sfumato all’ultimo atto nel 2015. Un rimpianto che però non gli ha fatto perdere la faccia felice da bimbo sulle giostre. Per questo ha fatto fatica a scendere giù di sella e anche se non più competitivo come un tempo è andato avanti fino a 42 anni.
Da oggi comincia una nuova vita. Si dedicherà certo al progetto del suo team, ma potrebbe anche correre con le quattro ruote, nel campionato Gran Turismo, visto che ha già promesso di rimanere “pilota per sempre”. La sua eredità nel motomondiale sono però i piloti dell’Academy VR46. «È stato bellissimo vederli coi loro caschi dedicati a me, non potevano farmi una sorpresa migliore». Ma avrà di che stupirsi nella corsa più “spericolata” che si appresta a intraprendere tra qualche mese. Lui che ha scelto il 46 perché numero del suo papà, diventerà padre di una bimba grazie alla sua fidanzata Francesca. E così anche uno abituato a sfrecciare a 300 all’ora ha dichiarato: «Sono così curioso. E anch’io ho un po’ di paura». È vero, qui non ci sono calcoli che tengano, ma non c’è nulla da temere. È un’avventura pazzesca, servirà solo tanto cuore e il resto verrà da sé.