Una sala dell’allestimento della mostra “Arte liberata” con il "Discobolo Lancellotti" - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
Un progetto appassionante, un racconto di grande intensità che ripercorre in modo rigoroso ed emozionante un momento decisivo della storia italiana, un viaggio fatto di capolavori, di musei e, soprattutto, di persone che hanno dovuto lottare contro le tragedie e le devastazioni della Seconda guerra mondiale: grazie alla splendida mostra Arte Liberata 1937-1947 alle Scuderie del Quirinale di Roma (fino al 10 aprile) il pubblico può conoscere meglio le azioni eroiche delle donne e degli uomini che hanno salvato i capolavori del patrimonio artistico italiano messo a gravissimo rischio dalle vicende belliche. La mostra è curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli (catalogo Electa- Scuderie del Quirinale) e ha il merito di immergere i visitatori in un itinerario teso e coinvolgente che si segue come un romanzo, senza, tuttavia, perdere la sua indubbia qualità scientifica, basata su un lungo e severo lavoro di ricerca.
Una sala dell’allestimento della mostra “Arte liberata” con il "Ritratto di Manzoni" di Hayez - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
In questo senso va sottolineata anche la felice resa dell’allestimento che permette di entrare al meglio nel contesto di precarietà e di difficoltà di momenti in cui anche una minima esitazione poteva comportare perdite irreparabili di opere minacciate dalla furia della guerra e dalla rapacità dei nazisti. Il percorso espositivo comprende quindi cento capolavori salvati durante la Seconda guerra mondiale e un ricco apparato di documenti, foto e filmati che forma la narrazione di un periodo drammatico che però rappresenta uno dei fondamenti di una democrazia nazionale che ha trovato nel patrimonio artistico uno dei suoi elementi di coesione e condivisione. Come scrive Raffaella Morselli in catalogo: «durante il secondo conflitto, infatti, il patrimonio artistico italiano costituì un campo di battaglia, più silenzioso ma altrettanto violento rispetto allo scenario bellico, nel quale si contrapposero opposte strategie di potere: fu oggetto di distruzione, ancorché collaterale, dell’offensiva nemica; fu obiettivo di conquista, secondo l’antica regola del bottino di guerra; ma, d’altro canto, fu il collante per la tenuta sociale di un popolo di studiosi e intellettuali che ne fecero il vessillo di una patria universale e tentarono di salvaguardarlo anche a discapito della propria professione e della personale incolumità».
Una sala dell’allestimento della mostra “Arte liberata” - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
In questo modo emerge con chiarezza il fulcro della mostra: il tributo alle donne e agli uomini che hanno eroicamente agito con intelligenza e ( non di rado) genialità, «un gruppo di giovani funzionari – come scrive Luigi Gallo – dell’amministrazione delle Belle Arti che, coadiuvati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, sono gli interpreti di una patriottica impresa di salvaguardia condotta con mezzi limitatissimi » . Incontriamo dunque figure ( spesso destinate a fare la storia anche nei decenni successivi) come Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e come Rodolfo Siviero, il “ ministro plenipotenziario” e agente segreto che nel dopoguerra si occupò del difficilissimo incarico delle restituzioni. Il progetto è diviso in tre sezioni, a partire da quella dedicata a “Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte” che documenta il delirio predatorio di Hermann Göring e dello stesso Hitler, che intendeva creare il gigantesco “ Museo del Führer” a Linz dove esporre anche opere come il Discobolo Lancellotti ( vincolato dal 1909), copia romana del celebre bronzo di Mirone, trasferito in Germania con il permesso di Mussolini e Ciano, nonostante il parere contrario del Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai.
Una sala dell’allestimento della mostra “Arte liberata” con la “Danae” di Tiziano - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
La seconda sezione “Spostamenti e ricoveri” parte dal 1939, quando, con l’inizio della guerra in Europa, lo stesso Bottai avviò le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale e un grande piano di spostamento delle opere d’arte. In questo contesto le vicende, sempre più difficili e appassionanti, vedono spesso protagoniste grandi donne come Fernanda Wittgens, Giusta tra le Nazioni ,che ha salvato capolavori ed esseri umani dalle atrocità naziste, ma anche come Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio. Un meritato risalto ha qui Pasquale Rotondi, il giovane soprintendente delle Marche che ebbe l’arduo compito di mettere in sicurezza circa diecimila opere provenienti da Venezia, Milano, Urbino e Roma nei depositi di Sassocorvaro e Carpegna.
Una sala dell’allestimento della mostra “Arte liberata” - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
Il capitolo conclusivo: “La fine del conflitto e le restituzioni”, focalizza l’attenzione per le azioni di recupero e salvaguardia delle molte opere trafugate dai tedeschi, in cui funzionari italiani come Siviero lavorarono a fianco della task force alleata del “Monuments, Fine Arts, and Archives Program” ( MFAA), permettendo il ritrovamento di oltre seimila pezzi. La mostra offre pertanto l’opportunità di avere un’idea significativa del rischio corso grazie alla presenza di capolavori come, appunto, lo stesso Discobolo Lancellotti, la Danae di Tiziano, la Santa Palazia del Guercino, il ritratto di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez e quello di Enrico VIII di Hans Holbein il Giovane. Come una sorta di omaggio a Rotondi troviamo poi opere provenienti dalla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali la Crocefissione di Luca Signorelli, l’Immacolata Concezione di Federico Barocci e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca che, giustamente, rappresenta l’immagine portante dell’intero progetto.
Una sala dell’allestimento della mostra la "Madonna di Senigallia" di Piero della Francesca - Scuderie del Quirinale/Alberto Novelli
Una mostra come Arte Liberata meriterebbe dunque di non finire e di essere presentata in tutta Italia: ovviamente con forme, opere e modalità diverse, ma lasciando integro lo stesso nucleo concettuale ed educativo, coinvolgendo scuole e università, studentesse, studenti e docenti di ogni ordine e grado per disseminare la conoscenza di quello rappresenta senza dubbio uno dei pilastri del futuro culturale e civile di un’intera nazione.