sabato 30 aprile 2016
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TORINO «Non saprei raccontare un’ora e mezzo di felicità, ma forse potrei raccontare cinque minuti di vita» diceva Massimo Troisi a proposito della sua vita d’artista. E quei cinque minuti Marco Mengoni l’altra sera li ha trovati nei concetti del personalissimo “credo” con cui ha ammutolito gli undicimila accorsi al PalaOlimpico di Torino per il varo del suo #mengonilive2016, sciogliendo poi la tensione in un fragoroso applauso (lo stesso che lo ha salutato a fine show, a luci accese, quando ha intonato una cover di Kiss di Prince). Credere nella famiglia «in cui tornare ferito», «che ti copre quando hai freddo », credere in chi «ha perso la vita per non perdere le parole», credere in chi «cerca una strada», credere in quegli «esseri umani» che hanno il coraggio, appunto, di essere umani, come dice una delle sue canzoni più famose, che esegue seduto su una poltrona volante sospesa a mezz’aria come un lord inglese all’ora del tè. La forza dei sentimenti di questa nuova avventura formato palasport è legata a doppio filo all’ultimo album Le cose che non ho, poggia molta della sua forza pure su un passato che non passa, soprattutto per la stretta relazione dell’ultimo arrivato con il predecessore Parole in circolo, uscito appena dieci mesi prima, per dare vita a un’unica storia in due volumi. Entrambi gli album hanno avuto grande successo, raggiungendo il triplo platino, così come le due tournée in palazzi dello sport gremiti fino all’ultimo posto. Proprio tanto consenso ha spinto Mengoni ad allungare il calendario aggiungendo altre dieci esibizioni italiane in autunno e un giro d’Europa invernale in bilico tra Germania, Olanda, Belgio, Francia, Lussemburgo, Svizzera, Austria e Polonia. Il nuovo spettacolo, ovviamente, ha una macchina teatrale rapportata alle ambizioni attuali dell’idolo di Ronciglione, 27 anni compiuti il giorno di Natale. Dieci musicisti sul palco e dieci tir nel parcheggio dal palasport danno idea, infatti, di quel che si muove attorno a un artista che ha saputo sfilarsi i panni del prodotto da talent-show ( X-Factor) e ripartire da zero. O quasi. «All’inizio avevo pensato a qualcosa di intimo, ma poi ho voluto impreziosire questo nuovo spettacolo con una band forte, un muro di schermi che si scompone e ricompone muovendosi per la sala su binari appesi al soffitto, oltre a un secondo palco al centro del parquet per vedere negli occhi chi ama le mie canzoni». Unico neo la scelta di sedersi un po’ sulle migliori intuizioni del tour passato, confidando soprattutto sul surplus tecnologico di una produzione gigantesca, senza cercare le idee giuste per spiazzare tutti ancora una volta. Alla sua età, l’idolo de La valle dei re avrebbe potuto accollarsi qualche rischio in più, perché di questi tempi non basta volare sopra la testa della gente a scatenare il vero stupore. Ma quelli di Mengoni sono testi che arrivano anche senza le coreografie dei telefonini azionati all’unisono da un’app speciale scaricata dal pubblico prima dello show e dalle canzoni cantate in una pioggia di coriandoli. Qualche settimana fa Mengoni è stato protagonista in tv con Paola Cortellesi di un momento particolarmente emozionante, lasciando interagire la sua Guerriero con il monologo dell’attrice romana sul bullismo. «In questi sette anni di tournée ho conosciuto meglio la forza della parola grazie al confronto con i fan sulle loro problematiche spesso segnate dallo spettro dell’anoressia o della bulimia», spiega. «Ricordo una ragazza che venne da me dicendo che non si amava. Le ho fatto vedere uno specchio e le ho detto “questa sei tu, unica con tutti i pregi e difetti, sarai sempre speciale e te stessa”. Ora la sua vita è cambiata; si è sposata e ha avuto un bambino. Ogni volta che vado nella sua città ci vediamo e ci raccontiamo. Non mi segue più, concerto dopo concerto, come prima… ma io sono più felice di prima». © RIPRODUZIONE RISERVATA Al via al PalaOlimpico di Torino il tour del cantante di Ronciglione La forza dei sentimenti e l’omaggio finale a Prince TALENTO. Marco Mengoni
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