lunedì 10 marzo 2014
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Loro quattro non si vogliono bene. Se possono ferirsi, lo fanno, soprattutto con le armi taglienti delle parole e delle offese. La frattura che li divide appare insanabile. Ettore, il padre (Fabrizio Gifuni), elegante e superficiale, è affetto da un rigurgito giovanilistico che lo rende totalmente inaffidabile e chi ne fa le spese è il piccolo Giacomo (Francesco Bracci Testasecca), nella sua complessa e tenera adolescenza. Lara, la madre (Ksenia Rappoport), bella e malinconica, è risucchiata dalle nevrosi che destabilizzano il problematico rapporto con la figlia Emma (Lucrezia Guidone). Loro quattro sono l’immagine infelice di una famiglia italiana che Francesco Bruni ha elevato a protagonista del suo secondo lungometraggio, Noi 4 (in sala dal 20 marzo), soggetto e sceneggiatura entrambe sue, come per il precedente e applaudito Scialla! in cui un padre e un figlio si scoprivano emotivamente vicini. «Non dovrei dirlo – confessa il regista –, ma il film che mi ha ispirato, sconvolgendomi, è stato Una separazione di Asghar Farhadi, dove il concetto di verità e le ragioni che ne derivano sono continuamente messi in gioco da uno spostamento della loro percezione a seconda dei diversi punti di vista. Per me questa dinamica è profondamente vera nei rapporti familiari. In una famiglia, infatti, nessuno è un individuo isolato che fronteggia da solo le difficoltà, ma tutti fanno parte di un’armonia di gruppo che costringe a tenere sempre conto delle necessità altrui. Questo è il motivo che mi ha spinto a girare un film su una famiglia divisa, sulla quale si sono addensate negli anni delle tensioni, ma in cui rimane altresì molto forte il sentimento amoroso che l’ha generata».Tutti e quattro i protagonisti sembrano essere personaggi respingenti e spigolosi. «Volevo per loro dei caratteri contradditori, scavando nella profondità delle loro esistenze. Per questo ho messo in campo qualcosa di difettoso che ostacola un’accoglienza spontanea. Il film parte in un clima di grandissima tensione, in cui la nevrosi della madre, la cialtroneria del padre, il fanatismo della figlia e l’insicurezza del ragazzino sono le altre facce della medaglia che presenta, poi, i loro pregi, ossia rispettivamente la determinazione, l’allegria, l’idealismo e la saggezza. L’andamento è verso un’armonia: nella seconda parte del film si sciolgono le tensioni ed emergono gli aspetti positivi e gradevoli». Ettore, scacciato da casa, tenta di riavvicinarsi a Lara con un sorriso che a lei manca e di recuperare la stima del figlio, così come lei quella della figlia. Vivranno insieme una giornata molto particolare, con un bagno quasi purificatore, che però non sappiamo a quale approdo li condurrà.«Una storia come questa non sarebbe mai potuta arrivare a un lieto fine dichiarato, sarebbe stata una forzatura, viste le divisioni che sono in campo. La sensazione è quella di aver recuperato per un attimo un’armonia che covava sotto le ceneri e non si estinguerà mai. Queste persone continueranno ad amarsi, ma non so dire se ritorneranno sotto lo stesso tetto. L’importante è che ci siano delle relazioni di rispetto tra fratello-sorella e figli-genitori». Emma e Giacomo s’interrogano molto sul problematico rapporto dei genitori senza capire le ragioni della loro separazione e per questo li spingono alla riconciliazione. «Sono tutti e due schierati chi con l’uno chi con l’altra. Giacomo attribuisce al padre la mancanza di un senso di responsabilità e di presenza paterna e idealizza la madre; Emma, invece, adora il padre perché incarna lo spirito libero e artistico cui lei aspira e detesta la madre perché è una presenza legiferante e opprimente all’interno della famiglia. Entrambi sono segnati dal mito checoviano della felicità perduta, dalla nostalgia per la famiglia unita in cui tutti avevano un ruolo, mito incarnato da una lontana giornata di vacanza insieme in Spagna e replicata inaspettatamente in un pomeriggio estivo al lago di Martignano, in cui cercano un momento di serenità uscendo da Roma, città che su di loro agisce come un farmaco nevrotizzante. Questi due ragazzi, in fondo soli e infelici, hanno il desiderio di un’unità perduta. Che, forse, non troveranno più».
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