venerdì 28 maggio 2010
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Un monumento, tre targhe, un cippo, piazzali intitolati non possono riempire il vuoto di 25 anni, tra silenzi e meschinità d’ogni genere, di 39 tifosi morti (32 italiani) prima di una finale di Coppa dei Campioni. Era il 29 maggio dell’85, era Juventus-Liverpool. Una strage che ha insegnato poco o niente al calcio europeo, italiano in particolare, senza dimenticare che ogni volta che si ripete quell’assurda violenza da stadio i familiari delle vittime di Bruxelles sentono acuirsi il dolore che non è mai passato e mai passerà, nutrito dal vuoto di chi non c’è più. È mancato il magistero, è mancata la memoria, quella della Juventus, quella delle istituzioni politiche e sportive, in entrambi i casi sia italiane che europee. Altrimenti oggi tutti saprebbero del faticoso processo dell’Associazione dei familiari, avrebbero conosciuto la forza di Otello Lorentini, fondatore e presidente, che all’Heysel ha perso il figlio Roberto, così come Daniel Vedovatto, il giovane avvocato italobelga che da solo sì è battuto contro i migliori principi del Foro inglesi ed europei, che difendevano gli hooligans e l’Uefa.«Il clima era chiaramente ostile», dice Paolo Ammirati, avvocato aretino dell’Associazione. Lo stesso Daniel Vedovatto non ha avuto vita facile nelle prime fasi del dibattimento.«Quando abbiamo ottenuto, grazie all’opera di Lorentini, la condanna dell’Uefa - ricorda Vedovatto - nessuno ne ha parlato e questa è stata un’ingiustizia. Ce ne sono state tante in questa vicenda, ma questa Otello non se la meritava».Alla fine pochi hooligans sono stati individuati e condannati, a pagare restano Roosens, presidente della Federcalcio belga, Mahieu, capitano della gendarmeria e Bangerter, segretario generale dell’Uefa: «Non era facile convincere la Corte a condannare l’Uefa, organismo potente che gestiva da padrone il calcio europeo», replica Vedovatto. Una sentenza, quasi sconosciuta, che ha fatto giurisprudenza e che ha condannato il massimo organismo calcistico europeo alla corresponsabilità degli eventi che organizza, da qui maggiore sicurezza per tutti e stadi per le finali scelti secondo determinate caratteristiche, perché l’Associazione dei familiari delle vittime non ha combattuto solo per avere giustizia, ma perché un altro Heysel non accadesse più.Dopo tanti altri lutti e dopo tanto silenzio, 25 anni dopo, anche la Juventus ha deciso di ricordare le vittime di Bruxelles. Ha invitato, per domani, tutti i familiari a Torino per una messa alla quale, pare, saranno presenti anche Zibi Boniek, che di quella sera non ha mai voluto parlare, e Michel Platini, il «clown che entrò in campo dopo l’acrobata» e che oggi, scherzi del destino, è Presidente Uefa. Non tutti andranno, alcuni per riguardo a chi la memoria l’ha rispettata ogni 29 di maggio, altri perché impossibilitati, quasi tutti però intimamente soddisfatti dell’iniziativa.In questi ultimi giorni sono arrivate le scuse televisive di Marco Tardelli e Andrea Agnelli, neo presidente bianconero, ha scritto una lettera a Otello Lorentini. È un primo piccolo passo verso la memoria. Ma, oggi come ieri, non c’è poesia nel ripercorrere lo Spoon River dell’Heysel.
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