venerdì 14 ottobre 2022
La simbologia della festa si ritrova nei testi cristiani: tende, luce, acqua. Echeggia anche in episodi come la cacciata dei mercanti e l’incontro con Nicodemo
Uno dei pannelli conservati all’Abbazia di Praglia

Uno dei pannelli conservati all’Abbazia di Praglia - Maurizio Cinti

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Le feste ebraiche nei primi secoli del cristianesimo esercitarono un notevole fascino sui giudeo-cristiani e anche sui cristiani provenienti dal paganesimo, e la fede cristiana in modo più o meno consapevole è tuttora innestata sulle radici ebraiche, che non cessano di trasmetterle una linfa vitale. Ciò vale in particolare per la grande festa di Sukkot. La predicazione di Yehoshua il Galileo, Messia crocefisso, rabbi proveniente da Nazareth osannato dalle folle ma osteggiato da autorità religiose, viene situata - specialmente dal Vangelo secondo Giovanni - nel quadro dei tre principali pellegrinaggi che hanno in Gerusalemme il loro centro: Pesach, Shavuot e Sukkot, festa quest’ultima che nel corso dei secoli si era idealmente congiunta con Hannukah e la Dedicazione del Tempio a opera di Giuda Maccabeo. La Mishnah e il Talmud dedicano ampio spazio a Sukkot, perciò possiamo conoscerne numerosi dettagli, che ci permettono di comprendere molte espressioni di Gesù secondo i Vangeli, inquadrandole nel loro originario 'ambiente vitale' o Sitz im Leben. All’epoca di Gesù la 'grande festa' autunnale di Sukkot - detta in greco nei Vangeli Scenofegia dei Tabernacoli ( Tende) o delle Capanne - si era già molto arricchita di significati cosmici e storici, liturgici e religiosi, politici, escatologici ed ecumenici, innestati su antiche tradizioni cananee. Il popolo che compiva il terzo pellegrinaggio, nell’atmosfera gioiosa dei raccolti e delle vendemmie, ricordava contemporaneamente le difficili condizioni del deserto, la proclamazione della Torah, la consacrazione del Tempio, l’epopea nazionale, l’inizio di un nuovo anno salutato quasi come una 'Pasqua d’autunno', l’attesa del Messia. Gesù stesso, assiduo ai pellegrinaggi prescritti dalla Torah (Es. 23; Lev. 23; Deut. 16), prendeva parte alla festa che, al suo tempo, si celebrava in un tripudio notturno di luci, musiche e acque zampillanti, aperta su orizzonti messianici e universali inclusivi di tutti i popoli secondo le profezie dei giorni ultimi e del giardino di Eden in Aggeo e Zaccaria. Il maestro venuto dalla Galilea a più riprese è presentato come sorgente di acqua viva: alla Samaritana (Gv. 4), alla piscina di Siloe (Gv. 9), alla conclusione di Sukkot (Gv. 7) e, infine, sulla croce (Gv. 19,34-35). Simili espressioni evocano le immagini del pozzo traboccante che segue il popolo nel deserto come in Tosefta Sukkah (3,3) e in Targum Numeri (21,17), e del fiume di acque vive profetizzato da Ezechiele e Zaccaria. In coincidenza con uno dei solenni atti celebrativi a Sukkot, mentre un sacerdote attingeva con una brocca d’oro alla piscina di Siloe l’acqua destinata alla libazione sull’altare dei sacrifici (Mishnah, Sukkah, 4,9), la scena che potremmo immaginarci si svolgeva forse nel modo rappresentato nell’affresco nella sinagoga di Dura Europos, con il pozzo le cui acque fluiscono verso le dodici tende delle tribù d’Israele. Tali acque, sgorganti dall’altare in virtù di questo atto cultuale al culmine di Sukkot, assumevano una straordinaria pregnanza, evocante le acque della Creazione e della Redenzione o nuova creazione, come in Ezechiele 47 o in Apocalisse 22. Tra i gesti e le parole di Gesù sparsi nei quattro Vangeli canonici, che possiamo collegare più o meno direttamente alla festa, ne consideriamo alcuni riguardanti i temi caratteristici delle tende o capanne, della luce, dell’acqua. La sukkah, in greco skené, in virtù di una ricchissima simbologia biblica rinvia alle tende di Abramo e Sara, del Convegno con Mosè e il popolo, di Davide e, infine, alla Dimora nel Tempio di Gerusalemme. Nel Vangelo le tende sono anche menzionate con insistenza nell’episodio della Trasfigurazione, denso di riferimenti e allusioni simili a un midrash, quando Simon Pietro propone d’innalzare sul monte tre capanne per Gesù, Mosè ed Elia, un episodio riferito con cura ben tre volte dagli evangelisti (Mt. 17; Mc. 9; Lc. 9). Il vertice di questa simbologia della sukkah si tocca nel Vangelo secondo Giovanni che, proponendo un ardito collegamento tra Shekhinah e Skenè, annuncia che il Lògos o Verbo eterno pone la sua tenda tra gli uomini (Gv. 1), come Sapienza fattasi 'carne e sangue', amante dell’umanità secondo Proverbi 3 e 8. Il tema della luce, che pure si radica fin nella prima pagina della Creazione e accompagna le manifestazioni divine a protezione e guida del popolo a Pesach e nel deserto, è un altro dei segni grandiosi della rivelazione divina che opera la salvezza d’Israele. I profeti, specialmente Isaia, vengono citati nel Vangelo secondo Matteo come prova della grande luce splendente su tutti i popoli (Mt. 4,16), e la città luminosa che attira a sé con la sua luce (Mt. 5,16) sembra un rimando chiaro a Sion e al Tempio, risplendente delle luci notturne di Sukkot, quando diventerà meta di tutti i popoli e fonte di pace universale (Zacc. 14; Is. 2). Più volte Gesù sottolinea che «la luce è venuta nel mondo» (Gv. 3,19; 9,5) e l’evangelista lo chiama «la luce vera» (Gv. 1,9; 8,12). Il terzo tema è l’acqua, come già si è detto, non meno importante per il rinvio alle acque primordiali, elemento essenziale per la vita di piante, animali e uomini, divenendo simbolo della Parola di Dio e della Torah, sorgente di vita. Gesù promette che donerà un’acqua «che zampilla per la vita eterna» (Gv. 4,14), e a Cana di Galilea si manifesta con un primo segno a partire dall’acqua mutata in un vino straordinariamente delizioso, che pare alludere al vino di Sukkot e dei tempi messianici (Gv. 2). Egli ancor più esplicitamente affermerà, nell’ultimo giorno di Sukkot: «Chi ha sete venga a me, e beva» (Gv. 7,37), e poco dopo invierà il cieco nato a lavarsi a Siloe per acquistare la vista (Gv. 9,7). Oltre a questi temi principali che fanno riferimento più o meno esplicito a Sukkot, altri se ne possono individuare come possibili spunti per ulteriori approfondimenti. Solo a titolo di esempi, la cacciata dei mercanti dall’atrio del Tempio o il discorso notturno tra Gesù e Nicodemo. I mercanti vengono cacciati dal Tempio durante una Pasqua, secondo l’evangelista Matteo, al termine del ministero pubblico di Gesù (Mt. 12,17; Mc. 11,15-19; Lc. 19,45-48), mentre il Vangelo secondo Giovanni (2,1322) narra questo episodio all’inizio della predicazione di Gesù. Ora, la cacciata dei mercanti - gesto molto significativo rimanda a profezie messianiche universalistiche (Is. 56,7) tipiche anche della festa di Sukkot, e più in particolare alla profezia di Zaccaria (14,21), quando, adempiendo il pellegrinaggio di Sukkot con la partecipazione di tutti i popoli pagani, non ci saranno più 'Cananei' nel Tempio, perciò si potrebbe anche ipotizzare che il tempo e il luogo più adatto per tale gesto profetico sia stato non Pasqua, bensì appunto Sukkot, o forse entrambe le feste. Quanto all’incontro notturno di Nicodemo con Gesù, lungamente descritto da Giovanni, esso si conclude ancora una volta con l’affer-mazione di Gesù: «La luce è venuta nel mondo» (Gv. 3,19), una dichiarazione che poco sopra abbiamo già commentato e che allude alle luci festose, caratteristiche sia di Sukkot sia della più recente festa di Hannukah. La conoscenza e l’esperienza di questa festa - come in genere delle feste d’Israele - offrono anche alla fede cristiana spunti per approfondimenti vitali, facendo riscoprire, dopo i secoli dell’antisemitismo, una fraternità di gioiosi sentimenti condivisi.

Da oggi una mostra interattiva al Museo ebraico di Ferrara

Il diorama Lego

Il diorama Lego - Maurizio Cinti

Sukkot è una delle principali ricorrenze del calendario ebraico: fa riferimento all’episodio biblico in cui gli ebrei rimasero nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto, celebra la permanenza e sopravvivenza nel deserto grazie alla provvidenza del Cielo e la precarietà della vita, rappresentata dalle capanne. Da oggi al 5 febbraio 2023, con “Sotto lo stesso cielo”, mostra a cura del direttore Amedeo Spagnoletto e Sharon Reichel, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah (Meis) di Ferrara approfondisce la festa e le sue molteplici sfaccettature. L’esposizione è dedicata agli aspetti religiosi, tradizionali e alla stretta connessione tra natura ed espressioni artistiche che questa ricorrenza genera, con un percorso originale che invita i visitatori a partecipare attivamente. Ancora oggi, le famiglie ebraiche costruiscono nei giardini delle sinagoghe o nelle terrazze delle loro case le capanne con tetti coperti da frasche dentro le quali trascorrono tutti e sette i giorni di festa, condividendo i pasti con numerosi ospiti. La ritualità è contrassegnata dal lulav, composto da un ramo di palma, tre rami di mirto, due rami di salice e un cedro, utilizzato durante le preghiere con affascinanti significati simbolici. Il presidente del Meis Dario Disegni sottolinea «l’eccezionalità delle dieci tavole dipinte che decoravano una sukkah della fine del XVIII o XIX secolo, provenienti dall’Abbazia di Praglia». La mostra presenta infatti dieci pannelli lignei decorativi, prodotti in area veneziana di una sukkah (capanna) della fine del XVIII o del XIX secolo, di proprietà dell’Abbazia di Praglia: opere d’arte di valore inestimabile sopravvissute alla loro natura effimera e rimaste per questo inaccessibili al grande pubblico. Sui dieci pannelli spiccano decorazioni con soggetti biblici, accompagnati da scritte in ebraico, le festività ebraiche di Pesach e la costruzione della sukkah (Sukkot). Altri illustrano diversi personaggi come Abramo, Isacco e Rebecca, Giacobbe, Rachele, Giosuè, Re Davide, Mosè ed Elia. I pannelli che componevano la capanna venivano smontati ogni anno e riassemblati il successivo; per questo, le sukkot dei secoli passati sono andate disperse e perse a causa della loro natura temporanea e portatile. Quella di Praglia è tra le poche preziose testimonianze sopravvissute. Non mancano, rimarca Disegni, «numerosi appuntamenti didattici riservati alle scuole, un momento di profonda condivisione fra le culture e conoscenza reciproca». I pannelli a muro, la grafica e un video con animazione Lego raccontano come costruire una sukkah perfetta; cesti contenenti pezzi dei famosi mattoncini saranno poi a disposizione dei visitatori, invitati a costruire la propria capanna: un’attività rivolta sia ai bambini che agli adulti. Anticipiamo in queste colonne il contributo di Pier Francesco Fumagalli, viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana, direttore delle classi di studi sull’Estremo Oriente dell’Accademia Ambrosiana e docente di Lingua e cultura cinese all’Università Cattolica, al catalogo della mostra.



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