Dell’Italia ci tiene a conservare la lingua: «La alleno parlandola con le mie sorelle e le mie figlie che la stanno imparando perché consapevoli che un pezzo della storia del loro papà è stata scritta qui». E la passione per il calcio, perché da sempre tifa Milan. Poteva forse ritirarsi già un anno fa per colpa di seri infortuni. Ma ha voluto farlo in maniera insolita: con una lettera toccante e un tour strappalacrime in tutti i palazzetti applaudito anche dai suoi storici avversari. È apparsa così anche la commozione sul suo volto spesso duro e arrogante, emblema di un ego smisurato. Eppure anche lui, campione acclamato e miliardario, ha dovuto ammettere di non essere infallibile.
Nel 2003, all’apice del successo, ha toccato il fondo per l’accusa di stupro mossa da una cameriera: il giocatore ammise il rapporto ma negò la violenza. Il giudice archivierà poi l’accusa di stupro, ma lui era piombato nella disperazione: «Avevo venticinque anni. Ero terrorizzato. L’unica cosa che mi ha aiutato davvero durante quel processo – sono cattolico, sono cresciuto come cattolico, i miei figli sono cattolici – è stato parlare con un sacerdote. E lui mi disse: “Dio non ti darà nulla che tu non possa affrontare, e ora è tutto nelle sue mani. È una cosa che non puoi controllare, quindi lascia stare”. E quello è stato il punto di svolta».
Per la sua infedeltà ha rischiato il divorzio dalla moglie, ma nel 2013 hanno annunciato di essersi riconciliati. La vicenda però l’ha segnato anche per un altro drammatico particolare rivelato nel documentario Muse: «Durante quel periodo stavamo aspettando il nostro secondo figlio e c’era così tanta tensione e tanto stress che lei ebbe un aborto spontaneo. Perse il nostro bambino. È qualcosa di davvero terribile, è molto difficile ripensare a questa cosa». Ma Kobe non dimentica: «Tutto ciò è avvenuto a causa mia. È una cosa con cui devo fare i conti ogni giorno, me la porterò dentro per sempre... Vanessa è stata fantastica, avrebbe potuto lasciarmi e portarmi via metà del mio patrimonio, ma ha deciso di credermi e di restarmi vicino». Un’assunzione di responsabilità, che a conti fatti, pare proprio il canestro più importante della sua vita.