Henri Matisse. “La danza I” (1909), olio su tela. New York, MoMA
«Solo la diversità delle culture, degli stili di vita salverà l’umanità dal naufragio dei sistemi viventi, se non della vita stessa. Mi sento in linea con Lévi-Strauss, l’inventore dell’ecologia umana, ma anche con l’enciclica Laudato si’, il testo politico del decennio » ammette l’economista e saggista francese Hervé Juvin per l’uscita da Gallimard del suo Le gouvernement du désir (pagine 276, euro 22).
Perché il governo del desiderio è una rivoluzione senza pari nella storia?
«Quasi tutte le culture e le civiltà avevano in comune il tentativo di limitare, controllare, guidare il desiderio. Dal buddhismo al cristianesimo si prevedeva il trasferimento del desiderio dalle cose di questo mondo alle cose dell’altro mondo, insomma la liberazione del desiderio dagli affari terrestri. Siamo la prima civiltà che si avvale di tutti i mezzi e mobilita tutte le risorse per eccitare, animare, moltiplicare il desiderio umano. Siamo la prima convinta che “il mondo ci appartenga”, quando la saggezza antica sosteneva che “il mondo appartenesse a Dio”».
In questo che ruolo gioca il desiderio?
«Il desiderio è proprio dell’uomo, che è insaziabile per natura. Ma non ha nulla a che fare con il bisogno o l’invidia. Desidero sempre ciò che un altro ha, può avere o dice di avere. Da qui il ruolo centrale della pubblicità nelle nostre società. Da qui l’importanza della rappresentazione, e del suo potere sulle nostre decisioni, dalla più banale alla più importante... dalla scelta di un dentifricio a quella della compagna o del compagno! Ne deriva un modo, inedito, di governare le nostre società di individui attraverso i desideri inflitti... desideri che un sistema finanziario, mediatico, mercantile infligge. Ma non funziona».
Perché?
«Ho cercato di mostrare come la passione amorosa precipiti nella banalizzazione industriale il desiderio sessuale, nella contrattazione tutti i rapporti umani, e come lo sfruttamento del desiderio l’ab- bia uccisa. Ormai non capiamo più Tristano e Isotta o Eloisa e Abelardo...»
Cosa significa che il governo del desiderio è una tecnica di sé?
«Il governo del desiderio, un tempo, spettava alla morale che se ne avvaleva per comandare i costumi e le pratiche del corpo. Le liberazioni dei costumi hanno posto la parola fine a tutto questo. Hanno aperto la strada al denaro, come unico limite al desiderio, e al suo simmetrico, la violenza. Denaro e violenza eliminano la morale sostituendola con ingiunzioni esterne e collettive, quelle dell’economia, della po-litica, della moda. Abbiamo barattato il potere di sé su se stessi con il potere di altri su se stessi. Un bel risultato delle decantate liberazioni individuali, spesso più implacabili delle antiche dipendenze. Dopo tutto, un tempo, si poteva peccare!».
Dunque le liberazioni, sessuale, dei costumi, dei consumi, non rimano con libertà.
«Dopo l’epoca delle liberazioni vediamo la nostre vite come fossero sugli scaffali del supermercato. Per dirla con Peter Sloterdijk siamo “maiali nel trogolo”. Tutto è possibile, ma come sceanzitutto gliere? Tutto è disponibile, ma come identificare ciò che è buono per noi? Come individuare quanto ci renderà più forti, più liberi? Siamo uno dei primi mondi che non ha modelli di vita buona. Allora la domanda diventa un’altra».
Quale?
«Chi ci libererà dalle liberazioni che ci distruggono? Che ci privano di qualsiasi potere su noi stessi e, in ultima analisi, della nostra libertà di costruire noi stessi? La libertà è altra cosa, non è un prodotto meccanico delle liberazioni».
Il trionfo del desiderio eclissa la politica come potere di sé su sé. Cosa intende?
«La gran parte delle società sono orientate verso la propria conservazione. Questo le legittima a porre vincoli, che consideriamo insopportabili, alle singole esistenze. Tutto qui. Ora la società degli individui ha realizzato tutte le liberazioni, sessuale, religiosa, morale, politica, e culmina con l’avvento del desiderio individuale o, meglio, del capriccio individuale. Peccato che il desiderio infinito rivolto a un mondo finito rischia di minacciare la sopravvivenza dell’umanità. Gli effetti più celebrati del liberalismo, lo sviluppo economico, l’esplosione demografica, la fuoriuscita dalla povertà, diventano fermenti di una guerra di tutti contro tutti, un ritorno alle origini di una guerra per il fuoco, l’acqua e la terra ».
E tutto questo ci isola...
«Non è il desiderio, è l’ideologia dell’individuo del diritto, preoccupato solo del suo interesse, del comfort e della soddisfazione, che promuove l’isolamento più radicale, perché bandisce la passione, il dono, la gratuità, e l’amore! I diritti dell’uomo fanno di ognuno il contabile del proprio interesse personale, mettono al bando l’oblio di sé e ogni slancio spirituale».
Come uscirne?
«Dicendo “noi”! Ritrovando la sicurezza morale, spirituale e fisica, che una forte identità fornisce. Insomma ritrovando la libertà politica che permette ai popoli di decidere del loro destino, una libertà valida solo se accompagnata dal riconoscimento di pari libertà per tutti gli altri popoli».