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Achille Lauro nel concerto a sorpresa ieri a Piazza di Spagna a Roma per la presentazione del nuovo album - ANSA
Achille Lauro ha mantenuto fede alle promesse fatte a Sanremo, e dopo i successi di Incoscienti giovani e Amore disperato, certificati rispettivamente oro e platino, arriva Comuni mortali il settimo album dell'artista romano, in uscita venerdiì 18 aprile per Warner Music Italy, 12 tracce frutto della lunga permanenza di Lauro tra Los Angeles e New York. Un album di dediche dalle sonorità cantautorali ispirate agli amatissimi Dalla, Califano, Venditti, De Gregori, in cui Lauro riesce a trovare il giusto equilibrio nel miscelare squarci di vita personale e storie universali legate fortemente al sociale.
Lauro racconta anche le esperienze più difficili vissute da ragazzo, il dolore che resta come un marchio nell’anima, ma che la dolcezza della musica e l’amore, il fil rouge dell’album, riesce a sublimare. «Comuni mortali - è un’espressione che racchiude quello che siamo tutti, fragili e uguali» ha spiegato Achille Lauro l’altra sera a Roma prima dell’esibizione a sorpresa a Piazza di Spagna.
«Questo è un disco che parla di me in maniera diversa, in maniera più consapevole, che mi ha fatto capire veramente chi io sia» aggiunge. A 34 anni, dopo sperimentazioni riuscite e scivoloni, Achille Lauro pare aver trovato la quadratura del cerchio in questo album la cui cover ritrae il suo volto insieme a quello di una farfalla, simbolo di vita, di morte, ma anche di immortalità (viene spiegato) così come immortale è il passaggio dei comuni mortali sulla Terra, destinato a resistere per sempre nella memoria dei propri affetti. «Mi sento esattamente nel posto giusto al momento giusto» ribadisce l'artista che sull'album aggiunge: «Ci sono tanta verità e storie di sofferenza. Non è un album pensato per la radio. Non rincorro più i numeri, il gioco dell'estate, la canzone divertente: non me ne importa. Mi importa solamente di lasciare qualcosa di grande nelle persone. Mi piace pensare di fare qualcosa che resti».
E le ballate a Lauro De Marinis vengono proprio bene, vedi la traccia centrale Amor che racconta alla Venditti l'amore sotto il cielo di una Roma notturna che abbraccia i due innamorati. «E’ una canzone che possono dedicarsi i grandi amori, quelli che non finiscono: è un vero grazie», dice Lauro. «Roma - spiega - è il filo conduttore di questo album che è la sintesi di ciò che sono oggi. Roma e i suoi vicoli, che mantengono la tradizione di un mondo che non c'è più. Ma è proprio dove esiste la realtà, che esistono le grandi cose. Io rubo dalla realtà, rubo le immagini che vedo. Perché in fondo una canzone non è altro che un sentimento condiviso». Tra le dediche speciali, anche quella alla madre con il brano Cristina, che sorprende per sincerità, dove la parte rap racconta il rapporto difficile col padre, la crisi del fratello, la forza e la generosità della madre che ha ospitato a casa bambini di famiglie in difficoltà cresciuti con lui come fratelli, aprendosi poi in un abbraccio musicale quando canta “capisco anni dopo quanto è difficile crescere un uomo / Ma ce l’hai fatta mamma”. «Mia madre fa parte di questa storia e trovavo bellissimo lasciare qualcosa anche per lei. Questo è un disco di dediche d'amore, in tutte le sue forme perché l'amore è l’unica cosa che uno lascia sulla terra: a Roma, a mia madre, ai miei grandi amori, ai miei amici. A tutti quelli che hanno contribuito alla mia musica» aggiunge l’artista.
E poi la caduta dei più fragili nell’intensa Perdutamente dove il cantante e autore vede “ragazzi in strada a morire per farsi / per sentirsi liberi” in quella periferia nella quale è cresciuto, alla quale guarda con affetto, ma senza mitizzarla: «Sono stra-grato alla mia vita che è stata spericolata, ma anche pericolosa. So di essere stato molto fortunato, ma non mi sento in colpa per chi è rimasto lì: conosco il lato della medaglia di chi non ha niente e quello di chi vive sognando». A chiudere la drammatica e commovente Barabba III dedicata a una persona che non c’è più, una ninna nanna rap che racconta la schiavitù della droga con occhio pieno di pietà e dove Lauro si rivolge al cielo per gli amici che non sono più tornati a casa (“Prego Dio che gli voglia bene come da bambini” canta). «Barabba e’ una dedica a una persona. Ho amici che ancora oggi hanno avuto seri problemi, legati a delle dipendenze da cui a 35 anni non esci più – spiega -. Il problema dei ragazzi che vivono certe realtà è che per loro bisognerebbe ripartire dal contesto, dalla famiglia, dalla scuola». In mezzo gli echi della musica californiana di Dannata San Francisco, l’autotune che si intreccia agli anni 70 in Fiori di papavero e la disco funky elegante di Dirty Love fino alla dolce inno alle donne Nati da una costola dove cita Dante e la Bibbia e voli di angeli. Aspettando il Circo Massimo per due date il 29 giugno e l’1 luglio, sold-out. «Per quanto sembri un traguardo, vorrei che fosse un punto di inizio» conclude.