L’ambiente diplomatico invitava al passo felpato, alla parola sommessa, ai discorsi «in generale». Per un confronto, in definitiva, buonista e conciliante. Invece ieri, all’Unesco di Parigi, si sono sentire parole precise contro «l’ateismo scientifico» nei Paesi dell’ex Europa comunista. Così come una denuncia appassionata del «transumanesimo» propugnato in vari ambienti d’oggi, intellettuali e mediatici (il romanziere Michel Houellebecq ne è un gran sostenitore). E che ha avuto nell’antico direttore generale dell’Unesco, Julian Huxley (fratello del ben più celebre Aldous,
scrittore de Il nuovo mondo), uno dei suoi sostenitori maggiori. Pure il confronto con gli atei «popolari» ha fatto capolino al «Cortile dei gentili», l’iniziativa per lo scambio tra credenti e non credenti apertasi nella capitale transalpina, in una frase del cardinale Gianfranco Ravasi riportata da
L’Express: «Intraprenderemo questo dialogo in un secondo momento. Il nostro dicastero è in contatto con Michel Onfray». Insomma, parole chiare e confronto schietto alla «prima» del Cortile, erede di una suggestione di papa Benedetto XVI nel dicembre 2009 perché la Chiesa si aprisse a coloro per i quali «Dio è uno Sconosciuto». Lo auspica la «padrona di casa», la direttrice dell’Unesco Irina Bokova (in un videomessaggio): «Noi dei Paesi dell’Est abbiamo bisogno di dialogo perché per tanto tempo siamo stati privati dello spirito libero». Il direttore aggiunto Getachew Engida insiste: «La tolleranza reciproca non è sufficiente». Dunque, credenti e atei insieme. Ma per far cosa? «Se niente ci è stato promesso, perché aspettiamo?». Francesco Follo, osservatore della Santa Sede all’Unesco, offre una chiave di risposta citando Cesare Pavese: «Siamo qui per cercare il senso e la felicità». Anche ascoltando le voci di chi proviene da esperienze diversissime. Singolare e sconvolgente quella di Pavel Fischer, ex ambasciatore della Repubblica ceca in Francia. Di famiglia cristiana, ha vissuto sulla sua pelle l’insegnamento scolastico dell’ateismo scientifico. «Ma in quegli anni abbiamo incontrato una Chiesa nuda che doveva rispondere alla sede autentica di spiritualità della gente. La Chiesa ha fatto risuonare un messaggio spirituale: "Non abbiate paura". Da quell’invito i non credenti si sono rivoltati verso il regime». Oggi nuovi totalitarismi si affacciano verso l’umano: l’eugenetica è uno di questi. E quindi il compito di un’assemblea di persone pensanti non consiste in un’ennesima «cerimonia protocollare», bensì nel prender di petto quella che Fabrice Hadjadj, filosofo cattolico d’Oltralpe, definisce «la crisi radicale dell’umanesimo». L’alternativa è secca: scegliere tra il transumanesimo dei fratelli Huxley e il «trasumanar» di Dante Alighieri. E affinché «l’uomo si possa elevare, egli ha bisogno di un Cielo. Ovvero di una speranza». Credenti e atei devono rigettare quel «superamento dell’uomo» inventato proprio qui, all’Unesco, nel 1957, dal suo leader Huxley. Un termine che sottintende l’eugenetica, «parola difficile da usare dopo il nazismo. Ma si tratta della stessa cosa – denuncia Hadjadj –: la redenzione dell’uomo tramite la tecnica». Aziza Bennani, ambasciatrice del Marocco all’Unesco, ha contribuito con un punto di vista islamico: «Il Corano, alla sura 59, invita alla mutua comunicazione fra credenti di fede diverse». E il cardinal Ravasi ha rilanciato la proposta cristiana, ricordando che fu proprio «un uomo, un ebreo, Gesù di Nazareth, ad abbattere il muro che, nel Cortile del Tempio di Gerusalemme, divideva ebrei e pagani. Cristo si pianta davanti a quel muro e dei due ha fatto un popolo solo». Anticipando anche i prossimi eventi del Cortile – Stoccolma, Tirana, e poi Praga, Firenze, Chicago e altrove – Ravasi ha indicato «tre stelle che si accendono» nel firmamento del confronto: il dialogo come scambio tra
logoi diversi; il mistero dell’esistenza («Goethe parlava del "mistero dell’uomo che è simile al vento che corre"»); «L’Essere, mistero scavato dalla cultura, dalla scienza, dalla filosofia e da tutti le religioni». Per questo lo scopo del Cortile non finisce in riva alla Senna, secondo il porporato: «Invitiamo ad un cammino che va verso l’infinito: i credenti lo chiamano Dio, per i non credenti si tratta del mistero».