Gioventù bruciata in Algeria. Una moderna storia di gangster, violenze e corruzione dentro cui si sviluppa il tormentato rapporto d’amore tra un ladruncolo e una studentessa ha conquistato la giuria della 26ª edizione del Festival del Cinema Africano, dell’Asia e dell’America Latina che si è concluso ieri a Milano. Al film
Madame courage, del settantenne regista Merzak Allouache è andato, ex-aequo, il premio del Comune di Milano come miglior lungometraggio del concorso “Finestre sul mondo”. Il titolo evoca il nome di un farmaco psicotropo, diffuso tra i giovani algerini, che produce a chi lo assume uno stato di euforia associato a un coraggio fuori dall’ordinario. L’opera del nordafricano Allouache era stata già presentata con successo di critica nella sezione Orizzonti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e al recente London Film Festival. La vicenda, girata con uno stile crudo e realista, si svolge nei bassifondi di Mostaganem dove l’adolescente Omar si prende una cotta per Selma dopo averla derubata di un ciondolo d’oro. Ne rimane colpito dalla bellezza, la pedina per le strade affollate della città e, dopo averne individuato l’abitazione, ogni notte si siede sotto il suo balcone per dimostrarle il suo amore, come un novello Romeo con la sua Giulietta: ma ne nasce un contrasto con il fratello maggiore di lei che farà precipitare la situazione. L’altro film premiato è il documentario
We’ve never been kids, del cairota Mohamood Soliman, un ritratto del declino sociale, politico ed economico dell’Egitto di oggi visto attraverso le vicende, nell’arco di 13 anni, di una donna e dei suoi tre figli, una famiglia senza padre che vive in condizioni di miseria. Uno dei giovani, dopo aver cambiato vari lavori, per uscire dalla povertà decide di affiliarsi ai guerriglieri del Daesh. Menzione speciale della giuria, presieduta dalla critica cinematografica Emanuela Martini, per
La delgada linea amarilla, del messicano Celso Garcia che racconta il viaggio di cinque uomini incaricati di tracciare una linea gialla lungo duecento chilometri di strada, un’esperienza apparentemente banale ma che cambierà la loro vita. Nella sezione “Cortometraggi africani” la vittoria va a
The mocked one, di Lemohang Jeremia Mosese, film “epico” ambientato nelle campagne del Lesotho: una ragazza riesce a salvare la fattoria del padre e a sconfiggere con un inaspettato stratagemma l’ottuso razzismo di alcuni.Il “Premio Extr’A-Razzismo brutta storia” è andato al docu-film
Duster, di Marco Santarelli: i detenuti del carcere di Dozza (Bologna) si ritrovano ogni settimana nella biblioteca per partecipare a lezioni sulla Costituzione italiana. La maggior parte di loro sono musulmani e si trovano a dialogare su “primavere arabe”, tradizioni islamiche e cultura occidentale. Uno degli insegnanti è Ignazio, un volontario religioso che ha vissuto a lungo in Medio Oriente. Al suo fianco c’è un giovane mediatore culturale musulmano, Yassine, incaricato di tradurre in italiano i diversi dialetti parlati dai detenuti ma anche di mediare tra le posizione più estreme. Ad ogni incontro-lezione è presente un ospite esterno con il quale si affrontano i principi e i valori che hanno animato la nascita della Costituzione repubblicana. Intanto, fuori dal penitenziario, Samad, un ex detenuto marocchino, vive l’attesa di un fine pena che tarda ad arrivare, e affronta le fatiche di una vita da ricostruire con nuove regole. Sarà l’ultimo ospite del corso, che tornerà “dentro” per partecipare alla discussione e alla scrittura di un
Dustur ideale (in italiano, Costituzione). Due le menzioni speciali decise dalla giuria:
Il Murran. Masai sulle Alpi , di Sandro Bozzolo (una ragazza africana decide di seguire una pastora piemontese nei pascoli delle montagne piemontesi) e
Loro di Napoli, di Pierfrancesco Li Donni, sulla squadra di calcio dell’Afro-Napoli United, formata da immigrati che vivono nel capoluogo campano: un bell’esempio di integrazione.