Mentre starete leggendo questo articolo Dante Ferretti sarà probabilmente in volo per New York. È atteso oggi nella Grande Mela dove il 25 settembre verrà inaugurata la mostra dedicatagli dal MoMA dal titolo
Dante Ferretti: Design and Construction for Cinema, realizzata in collaborazione con Cinecittà Luce e organizzata da Ron Magliozzi e Jytte Jensen con il contributo del giornalista Antonio Monda e dell’artista Marina Sagona. Un bel modo per il mago delle scenografie, un vero maestro nel trasformare in realtà la fantasia di sceneggiatore e registi, di festeggiare 70 anni di vita, oltre 40 di carriera, più di 50 film e 3 Oscar. Al museo d’arte moderna newyorkese fino al 9 febbraio saranno esposti una cinquantina di bozzetti, oggetti di scena (tra cui un pezzo dell’aereo di
Aviator, il lampadario di
Salò, l’orologio di
Hugo Cabret), scenografie, installazioni, filmati che testimoniano anche lo storico passaggio del cinema dal reale al virtuale. «Impossibile prevedere se il cinema ricreato al computer sostituirà completamente quello dal vero – dice Ferretti – ma di certo la computer graphic è molto efficace nell’ampliare le scenografie, com’è accaduto per la
Cinderella di Kenneth Branagh al quale ho lavorato questa estate, negli studi londinesi di Pinewood, dove abbiamo ricostruito il palazzo reale, lo scalone su cui Cenerentola perde la scarpetta, la zucca che si trasforma in carrozza». Ambientato alla metà dell’Ottocento in un luogo ideale a metà strada tra la Francia e l’Austria della principessa Sissi, il film (sarà pronto nel 2015) vede Lili James nei panni della protagonista e Cate Blanchett in quelli della matrigna, mentre Helena Bonham Carter sarà la Fata Smemorina.Il prossimo impegno di Ferretti sarà
Il settimo figlio di Sergey Bodrov, poi tornerà a lavorare con Martin Scorsese per
Silence, dal romanzo di Shusaku Endo che aveva colpito il regista quasi trent’anni fa con la storia di due gesuiti vittime nel Giappone nel Seicento di violenze e persecuzioni come molti cristiani costretti a rinnegare la propria fede. «Conosco Martin da oltre trent’anni – racconta lo scenografo – da quando venne a trovare Fellini sul set de
La città delle donne. Poi ci siamo incontrati di nuovo a casa di Sergio Leone. Mi propose di lavorare a
L’ultima tentazione di Cristo, rifiutai perché impegnato con Terry Gilliam per
Le avventure del barone di Münchausen, ma poi accettati
L’età dell’innocenza e abbiamo fatto insieme otto film. Tra noi funziona così: leggo la sceneggiatura, parliamo un po’, mi proietta qualche film, poi mi lascia libero di disegnare bozzetti e costruire modellini. Quando riesco a convincerlo a dare un’occhiata a quello che ho fatto si guarda intorno soddisfatto e dice "
Great!"». Su Scorsese Ferretti ha molto da raccontare: «Quando lavoravano a
Gangs of New York non sapevamo ancora dove girare il film: negli Usa non c’erano location adatte, in Canada faceva troppo freddo. Allora ho proposto a Scorsese un sopralluogo a Cinecittà, ma quel giorno ho anche chiesto al ristorante "La cascina" di preparare i migliori piatti di sempre. Marty ha ceduto subito!». E a proposito dell’orologio di Hugo Cabret in mostra al MoMA rivela: «Quando ho visto le illustrazioni del romanzo di Brian Selznick da cui il film è tratto sono rimasto di stucco: da piccolo ho vissuto una situazione molto simile, il padre di un mio amico ogni giorno caricava l’orologio della torre di Macerata, la città dove sono nato, e spesso lo accompagnavamo».Il suo primo film con Pier Paolo Pasolini è stato
Il Vangelo secondo Matteo, all’epoca era ancora assistente scenografo, poi vennero
Edipo Re e
Medea. Ma se Pasolini gli insegna che le immagini possono diventare poesia, è con Fellini che Ferretti scopre il potere della fantasia, della visione, del sogno. «Con lui ho lavorato per quindici anni, da
Satyricon a
La voce della luna, passando per
Prova d’orchestra,
La città delle donne,
E la nave va,
Ginger e Fred. Ci siamo incontrati per la prima volta a Cinecittà, mi propose un film, rifiutai. Ci siamo ritrovati dopo dieci anni mentre ero sul set di <+corsivo>Todo modo<+tondo> di Petri. Mi affascinavano i suoi disegni, facevamo insieme molti sopralluoghi ma poi ricostruivamo tutto in studio, si divertiva ad ascoltare i sogni che inventavo per farlo felice, mi accusava di essere più bugiardo di lui! Il Labirinto Fellini sarà forse l’elemento più divertente della mostra con schermi e teli sui cui verranno proiettate le immagini dei suoi film».È Ferretti che ha realizzato la spettacolare abbazia de
Il nome della Rosa, in una cava di tufo sulla Tiberina, ingannando anche qualche storico, mentre la prima nomination all’Oscar è arrivata con
Le avventure del barone di Münchausen di Gilliam, che lo scenografo definisce "il Fellini del Minnesota". E proprio a Fellini è dedicato il film. «Un critico scrisse che avevo realizzato le più belle scenografie della storia del cinema». Per chi invece al MoMA di New York non ci potrà andare c’è una buona notizia: Ferretti è stato chiamato in occasione dell’Expo di Milano del 2015, a "vestire" il Decumano e il Cardo, ovvero due assi di due chilometri e mezzo destinate a incrociarsi in Piazza Italia. «Vedrete un esercito di statue ispirate ai guerrieri cinesi di terracotta – anticipa – tutte diverse l’una dall’altra e coperte di frutta, come nei ritratti di Arcimboldo. Ermanno Olmi mi ha detto che sono meravigliose. Le statue saranno esposte anche in altri paesi del mondo e issate persino in cima alla muraglia cinese».