Il pensiero di Juliette Binoche al regista iraniano incarcerato dal regime di Teheran Jafar Panahi e la vittoria di Elio Germano, migliore attore ex aequo con Javier Bardem, dedicata con polemica «agli italiani che fanno di tutto per rendere il Paese migliore nonostante la loro classe dirigente». Questi i due momenti da ricordare della cerimonia di chiusura del 63/mo festival di Cannes che domenica ha laureato il fantasioso film del regista thailandese di culto Apichatpong Weerasethakul, "Oncle Boonmee who can recall his past lives" ("Lo zio Boonmee che può richiamare le sue passate vite"), appena acquistato per l'Italia dalla Bim.Sin dal pomeriggio di domenica si è saputo del premio all'Italia: il regista de "La nostra vita" Daniele Luchetti e il suo protagonista Elio Germano erano stati da Roma richiamati a Cannes. E si sperava nella vittoria a Germano, poi però l'arrivo di Javier Bardem ha confuso le acque e non a caso: infatti il premio è stato attribuito ex aequo. Germano, in italiano e tutto d'un fiato ha ringraziato di cuore produttori e regista poi non ha rinunciato a un po' di polemica politica. Bardem invece ha preferito l'amore. Durante i ringraziamenti di rito (inclusa la madre Pilar e soprattutto il regista, accanto a lui, il messicano Alejandro Gonzalez Inarritu che era tra i favoriti della vigilia) si è rivolto alla fidanzata Penelope Cruz. «Voglio dare un bacio al mio amor», ha detto Bardem.Cartello in mano a coprire il vestito elegante: Juliette Binoche, che ha vinto il premio come migliore attrice per "Copia Conforme" di Abbas Kiarostami al 63/mo festival di Cannes, ha invece voluto ricordare al mondo durante la cerimonia di chiusura il regista iraniano Jafar Panahi, in carcere a Teheran. «C'è un uomo – ha detto l'attrice – la cui colpa è di essere un artista. Penso a lui proprio questa sera e spero di essere con lui qui l'anno prossimo. È una lotta difficile. Il Paese ha bisogno di noi artisti». Curioso e un tantino fuori posto, tra le molte dediche, l'annuncio della Binoche: «Credo nell'amore, credo che un giorno mi sposerò. Voglio ringraziare gli uomini che mi hanno saputo amore e sopportare».Da Tim Burton, presidente di giuria, nessun discorso programmatico sul cinema come tante volte si è visto al Grand Theatre Lumier alla chiusura del festival, solo un accenno alla «armonia delle relazioni» e alla «giuria come una famiglia» che si è trovata riunita in queste due settimane.In linea con la spiritualità e la visionarità poetica dei suoi film, il thailandese Palma d'oro Weerasethakul ha voluto «inviare un messaggio alla mia gente. È lo spirito e i fantasmi della Thailandia che mi hanno permesso di essere qui. E ringrazio mia madre che 30 anni fa mi ha introdotto al mistero del cinema, un mistero che tuttavia non ho risolto». Svelta, sobria ed elegante come d'abitudine la serata di chiusura del 63/mo festival di Cannes condotta dall'impeccabile Kristin Scott-Thomas, ha visto la partecipazione tra gli altri di Asia Argento, che ha consegnato il premio della giuria, Kristen Dunst, Isabelle Adjani, Emmanuelle Devos.