Un’opera di Oliver Laric esposta nella mostra “Arte è. 25 anni di Merano Arte”, collettiva che fino al 24 ottobre celebra il primo quarto di secolo della kunsthaus della città sudtirolese
L’essere si dice in molti modi, secondo Aristotele. Potremmo parafrasare oggi il grande filosofo per affermare che anche la morale si dice in molti modi. Ma ciò non significa necessariamente un’accettazione del relativismo in senso tradizionale. Si tratta di prendere atto della complessità dei moventi, della diversità dei percorsi, del pluralismo delle teorie. Ciò avviene in un’epoca, scrive Piergiorgio Donatelli, nella quale il discorso morale è al centro di un’attenzione e di una considerazione mai guadagnate.
I diritti umani riguardano il modo in cui dovremmo trattarci in quanto persone. Si va dall’aiuto a chi non ha il minimo per la sussistenza al soccorso e all’accoglienza dei migranti; dallo lotta allo sfruttamento sul lavoro alla difesa dell’uguaglianza fra uomo e donna fino al rifiuto, motivato, delle discriminazioni di persone e gruppi in base a caratteristiche ininfluenti per il rispetto e la dignità. Se ci pensiamo, la morale entra pure nelle scelte di consumo e di alimentazione, quando una sensibilità più educata viene messa in campo. In tal modo, anche i nostri atteggiamenti verso gli animali, la natura e le generazioni future assumono una connotazione riflessiva diversa. Vanta maggiore tradizione la valutazione dei temi bioetici più delicati, concernenti l’inizio e alla fine dell’esistenza, mentre si affacciano nuovi dilemmi relativi al ricorso sempre più massiccio alle tecnologie, con quelle digitali che saturano ormai la vita quotidiana di molti.
È pertanto significativo che non vi sia più disciplina scientifica o filone di ricerca a cui non si abbini un versante in cui si guardi alle implicazioni etiche. Se la morale è la condotta di persone e gruppi, l’etica è la riflessione e l’elaborazione teorica e normativa, sinonimo di filosofia morale. È questa la disciplina che Donatelli insegna all’Università La Sapienza e che ha reso accessibile in un volume di ampio respiro, particolarmente utile per orientarsi nella galassia a cui si accennava ( La filosofia e la vita etica, Einaudi, pagine 282, euro 23). Ma se siamo in un’età dell’oro della morale perché non tutto sembra andare per il meglio e vi è talvolta necessità di ripartire dall’inizio? Uno dei pericoli, ben sottolineato nel libro, è quello del moralismo. Una distorsione del giudizio spesso evocata ma altrettanto frequentemente fraintesa o citata a sproposito. In realtà, il moralismo può essere definito «la pretesa della morale di ergersi a giudice di ogni aspetto della vita precludendo la possibilità che sia presentata un’altra spiegazione».
Secondo John Stuart Mill, la società britannica vittoriana era moralista quando condannava i comportamenti viziosi dei poveri, come l’alcolismo o la promiscuità, senza veramente comprenderne le cause reali e, soprattutto senza, la volontà di incidere sulle motivazioni più profonde, che potevano essere proprio le scelte economiche e politiche delle classi agiate. Una forma interessante di moralismo che Donatelli evidenzia è quella legata al movimento 'MeToo' contro le molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Se è innegabile che vi sia stato un guadagno di consapevolezza e sia stata irrogata una serie di giuste condanne sociali e penali, il meccanismo della 'mostrizzazione' dei re-sponsabili rischia di rendere inefficace il tentativo di cambiare comportamenti che sono diffusi e messi in atto da individui che 'mostri' non sono (anche se niente li giustifica nelle loro condotte).
In una società sempre più complessa e plurale nei percorsi umani, nelle idee e nelle pratiche,
Nello stesso tempo, si pone nuovamente la sessualità come dimensione dell’esistenza che ha un rilievo centrale e quasi sacrale, mentre può essere considerata un’esperienza umana suscettibile di declinazioni differenti in momenti diversi (anche in questo caso, senza banalizzarne il ruolo e l’impatto). L’etica si dice in molti modi soprattutto quando la scienza empirica aiuta a indagare la genesi della morale della simpatia e della cooperazione tra gruppi. Da una parte, c’è la normatività fatta di ragioni che sono autoevidenti o frutto di un’argomentazione logica coerente; dall’altra, possiamo rintracciare nei processi evolutivi i meccanismi che ci hanno portato a sviluppare tendenze e sentimenti che oggi chiamiamo morali e apprezziamo in quanto tali. In queste direzioni vanno rispettivamente due libri recenti, sottili ma assai densi.
Il primo è opera di Andrea Staiti, filosofo morale all’università di Parma e studioso di Husserl. Il suo ambizioso Etica naturalistica e fenomenologia (il Mulino, pagine 158, euro 16) mira a valorizzare l’approccio esperienziale husserliano come migliore chiave di accesso alle proprietà normative. Non è un problema da poco, quando vi si rifletta un momento, come possiamo cogliere la qualità positiva di una condotta. Semplificando, le proprietà morali possono essere pensate come tutte le altre proprietà – l’essere giallo o produrre danni fisici – o come proprietà speciali. Se sono speciali, 'invisibili', individuarle è un’impresa controversa. Se invece sono più simili a quelle naturali, allora l’etica ha a che fare con la percezione e l’intuizione.
Ma il metodo fenomenologico non è un naturalismo empiristico, esso infatti distingue tra il livello dell’esperienza sensoriale (l’esperienza del colore, degli effetti) e un livello riflessivo analitico che porta alla scoperta delle proprietà assiologiche (relative ai valori), tramite l’intuizione in senso husserliano, un’esperienza diretta che produce conoscenza. Ben diversa fiducia nell’esistenza di proprietà morali e nelle nostre capacità di arrivare a qualche fondato giudizio emerge dalle ricostruzioni genealogiche puramente naturalistiche.
Ne dà conto efficacemente Eleonora Severini nel suo Etica ed evoluzionismo (Carocci, pagine 144, euro 12). La ricercatrice all’università di Duisburg-Essen spiega come i cosiddetti debunking arguments (argomentazioni critiche) finiscano con lo spazzare via letteralmente le pretese del realismo morale e anche l’idea stessa di giustificazione dei nostri giudizi etici. Le tendenze all’altruismo e alla cooperazione non sono altro che frutti di un’evoluzione causale delle specie, la quale ha selezionato comportamenti maggiormente funzionali alla sopravvivenza e alla riproduzione degli individui e dei gruppi. Che ciò implichi la completa arbitrarietà delle nostre valutazioni morali è però un esito contestabile, come la stessa Severini mette in luce nelle conclusioni, in cui salvaguarda l’idea di progresso morale e di convergenza intersoggettiva. Insomma, l’etica contemporanea si dice davvero in molti modi, complessi e non sempre facili da padroneggiare.
Un aiuto può venire da una trattazione più generale e introduttiva, nella forma di un agile manuale universitario che è anche un’ottima guida per il lettore interessato al tema. Le sfide dell’etica (Mondadori Università, pagine 272, euro 22,00) è stato composto in una forma innovativa da tre filosofi morali – Mario De Caro (Roma Tre e Tufts University), Sergio Filippo Magni (Pavia) e Silvia Vaccarezza (Genova) – scegliendo di dedicare ciascun capitolo a un concetto chiave, che prima è definito e analizzato dal punto di vista storico per poi venire discusso secondo gli aspetti teorici più rilevanti nel dibattito contemporaneo. Ne risulta un quadro molto chiaro e aggiornato, con riferimenti agli argomenti più dibattuti anche tra non specialisti, comprese, come si diceva all’inizio, le nuove tecnologie e loro ricadute sempre più pervasive. Ciò contribuisce a costruire una bussola morale più precisa e sensibile, quello che serve al cittadino responsabile per muoversi nei nuovi territori della società globale.