martedì 5 marzo 2013
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Nella Direzione del Pd di domani Pier Luigi Bersani ha «messo la fiducia» su sé stesso – come commentano i colonnelli ormai sconfortati – ma il vertice del partito è pronto a conferirgli «l’ampio mandato» richiesto. Ai piani alti di Largo del Nazareno la linea è scritta da giorni e non cambia neppure dopo l’apertura di Beppe Grillo al governo di tecnici: quello non sarebbe il bene del Paese, oggi, commentano i Democratici. E allora il segretario, a dimostrazione di non essere meno "trasparente" di Grillo, chiederà il via libera ai suoi prima di andare al Quirinale, in diretta streaming sul sito del Pd e sul canale tv Youdem. Non tutti concordano con la percorribilità di presentarsi alle Camere con gli otto punti su cui "stanare" i grillini, che già hanno optato per una alternativa. Il segretario del Pd, con la sua maggioranza alla Camera e con i voti che ne fanno il primo partito al Senato, vuole giocarsela comunque. E a ciascuno dei suoi, nel vertice di domani, chiederà conto davanti alle telecamere. L’alternativa, ripeterà il leader democratico, è tornare alle urne. Una posizione questa che condivide con l’alleato Nichi Vendola, che pure non crede possibile un rifiuto del «riformismo audace»: «Vediamo l’effetto che fa con Grillo. Con l’M5S, ne sono convinto, il confronto è possibile». Per il leader di Sel ci sono troppi punti in comune su cui il comico non può rifiutare il dialogo: «Dal reddito di cittadinanza alla riduzione dei costi della politica, dall’antitrust al conflitto di interessi, dalla riforma dei partiti al taglio degli F35, passando per investimenti su ammortizzatori sociali e scuole». Di certo, concorda Vendola con Bersani, non è nelle cose un governissimo Pd-Pdl. Piuttosto si torna al voto.Ma l’idea di tornare al voto, nel partito piace solo ai "Giovani turchi" di Stefano Fassina. Per Beppe Fioroni le «elezioni oggi sono il male assoluto. È giusto mettere con le spalle al muro Grillo, perché è facile dire di no, ma arriva il momento di rimboccarsi le maniche. Qualunque tipo di subordinata sarebbe un grave errore». Meno ottimista è Giorgio Tonini, per il quale «un dialogo con Grillo è possibile, ma andrebbe costruito nel tempo, con grande pazienza». Oggi appare prematuro un accordo.Tra i membri della Direzione, comunque, lo scetticismo sull’esito del tentativo bersaniano è forte, ma aprire un fronte polemico oggi – è l’opinione diffusa – sarebbe autolesionista, perché rischierebbe di annientare il partito che più di tutti, paradossalmente, accusa la sconfitta.E allora si arriverà ad un «mandato scettico», dicono i più, con cui Bersani cercherà di convincere Napolitano ad affidargli il mandato esplorativo. Piuttosto la gran parte dei componenti della Direzione sta consigliando al segretario di evitare ultimatum al Colle, che potrebbero acuire le tensioni.Ma la necessità di fare l’estremo tentativo convince i fedelissimi del leader pd, che respingono al mittente le accuse del Pdl di perdere tempo, lasciando in fibrillazione i mercati. Tanto più che si profila un’anticipazione della convocazione delle Camere. «Non proporremo scambi, non faremo proposte al Movimento 5 Stelle dal punto di vista istituzionale – secondo Nico Stumpo – . Avremo forse un’idea particolare in questa fase, ma vogliamo provare a portarla avanti, perché riteniamo che chi rappresenta il 25 per cento dell’elettorato italiano debba mettere le mani in pasta».Ma anche il tema delle presidenze delle Camere sarà al vaglio della Direzione. Bisogna trovare una proposta condivisa e l’idea di cedere Montecitorio al Movimento cinque stelle e il Senato al Pdl sarebbe ormai un rischio, per il Pd, che potrebbe trovarsi con un pugno di mosche in mano. Allora i Democratici dovranno individuare un nome loro, e lasciare al Pdl Palazzo Madama. Anche su questo, però, la sintesi appare difficile da trovare.
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