Vanessa Pallucchi - IMAGOECONOMICA
«Il 5 per mille è un riconoscimento che i cittadini danno al lavoro delle organizzazioni, una sorta di delega ad agire dove c’è un estremo bisogno, ma anche una scommessa sul futuro. Bisogna innalzare il tetto dai 525 milioni di risorse massime previste per la sua erogazione, così da rispettare la volontà reale dei contribuenti», spiega Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore.
Negli ultimi giorni avete espresso insoddisfazione verso la manovra. Perché?
Sul 5 per mille sono anni che i cittadini danno di più dei 525 milioni previsti. Adesso c’è uno sforamento di circa 28 milioni che non sono stati riconosciuti in questa finanziaria malgrado avessero preso un impegno in questa direzione. Oltretutto, ci preoccupa l’articolo 112 che estende alle imprese non profit le limitazioni alle spese degli enti che ricevono un finanziamento pubblico. Significa mettere un tetto alla solidarietà perché non si potranno acquistare beni e servizi come strumenti sanitari e mezzi di trasporto necessari per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari dei tre anni precedenti. Ci sembra assurdo limitare gli investimenti di chi al pari dello Stato contribuisce all’interesse generale. Rimane poi il problema dell’esclusione dall’Iva, sebbene con il Milleproroghe dovrebbe essere estesa per un altro anno. Nonostante per il futuro sia prevista l’esenzione, le imprese del Terzo settore avranno comunque, a causa della burocrazia, dei costi organizzativi ed economici insostenibili per molte di loro.
Non è stato rifinanziato il Fondo per il contrasto alla povertà educativa. Che contributo ha dato finora?
Negli ultimi 10 anni ha fatto in modo che mezzo milione di bambini in condizioni di fragilità e di rischio povertà educativa, insieme ai loro genitori, avessero la possibilità di usufruire di migliori opportunità, e sono quasi 10 mila le organizzazioni che si sono messe in rete in una modalità di sistema. È stato un meccanismo estremamente virtuoso che ci ha permesso di lavorare in sinergia. Per fare qualche esempio, il fondo ha agito nelle comunità più fragili delle aree interne terremotate, nelle periferie urbane, nell’accoglienza dei bambini afghani o nel supporto agli orfani di femminicidio. Ci auguriamo che questo supporto venga riconfermato in uno dei prossimi atti del governo.
Che interlocuzione c’è stata finora con il governo?
Abbiamo chiesto, tra le altre cose, delle semplificazioni rispetto all’attuazione del codice del Terzo settore, ossia di semplificare gli oneri di carattere burocratico amministrativo per dare la possibilità a tutte le organizzazioni di rientrare nelle richieste. Su questo abbiamo lavorato con la viceministra Bellucci e dei passi avanti sono stati fatti, ma rimangono alcuni nodi: il Terzo settore viene sempre escluso da una serie di opportunità e sostegni che ricevono altri comparti, come industria e commercio. Spesso quindi deve richiedere di essere compreso ed è trattato come il fanalino di coda.
Quali sono le questioni irrisolte?
Le due più grandi riguardano il welfare, a cominciare dalle importanti riforme in atto, quelle sulla non autosufficienza e sulla disabilità, che non hanno ancora i decreti attuativi e invece andrebbero realizzate e potenziate. Ci preoccupa anche l’autonomia differenziata, perché in assenza di un investimento serio nel sociale si rischia una sclerotizzazione delle condizioni dei territori. Bisogna invece capire quali sono le necessità e finanziare i livelli essenziali di prestazione per tutti i cittadini, a prescindere dal territorio sul quale vivono.
Nei prossimi mesi su quale altro tema è urgente accendere un faro?
Il taglio del governo sulle risorse per regioni e comuni, che vengono usate per attivare delle politiche a favore dei cittadini a rischio povertà. Gli enti dovranno fare delle scelte a discapito di una risposta efficace e adeguata ai vari bisogni crescenti: da quelli dei giovani a quelli degli anziani. Il taglio toccherà indirettamente il Terzo settore, che lavora moltissimo in convenzione e in condivisione con gli enti locali e territoriali. Di fronte alle esigenze di una popolazione che invecchia, ci sembra che ci sia troppa indifferenza rispetto a questi cambiamenti in atto.