venerdì 27 dicembre 2024
Il ddl arriva in Aula blindato dalla fiducia e dopo solo mezz’ora in commissione. Si dimette il relatore Liris (FdI): «Basta con il monocameralismo». Il Pd: dimissioni tardive e ministro ipocrita
Il ministro dell'Economia Giorgetti tra i banchi del governo al Senato, per la discussione della legge di Bilancio

Il ministro dell'Economia Giorgetti tra i banchi del governo al Senato, per la discussione della legge di Bilancio - Ansa

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Arriva in aula al Senato dopo un passaggio lampo di neanche mezz’ora in commissione Bilancio, la manovra economica. Il tempo di consentire al relatore Guido Liris, Fratelli d’Italia, di dimettersi, per sottrarsi all’ennesima messa in scena che vede il provvedimento annuale più importante del governo - atteso da 800 emendamenti - transitare come da iter prescritto ma solo per pura formalità, pronto ad approdare in Assemblea con tempi contingentatissimi, dove il copione già concordato prevede che l’esecutivo ponga la questione di fiducia e la maggioranza vari definitivamente la legge come approvata alla Camera senza modifiche. Chiusura del sipario prevista per sabato, in tarda mattinata.

Ma il copione già scritto, appunto, non offre sorprese e così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si ritrova solo davanti all’emiciclo semi-vuoto che non si aspettava il colpo di teatro di Liris, determinato a movimentare la giornata. E soprattutto a riportare a galla un problema sollevato da diversi anni dalle opposizioni di turno - quello del monocameralismo di fatto - che questa volta viene stigmatizzato da un rappresentante del partito di maggioranza, e per l’esattezza quello della premier Giorgia Meloni.
Liris rimette il mandato da relatore ma le sue, spiega, sono «dimissioni con richiesta». Ovvero, spiega il senatore di FdI, «ho chiesto al presidente della commissione di farsi mediatore perché non ci sia più la singola lettura parlamentare e perché si torni alla doppia lettura. È questa - aggiunge - una volontà della maggioranza. Si deve tornare alla doppia lettura che dal 2018 non è stata più fatta».
Il provvedimento viene inviato in Aula orfano di relatore. Ma intanto la giornata si accende sul metodo della questione. «Come giustamente hanno fatto rilevare le colleghe Paita e Musolino, le dimissioni del relatore alla legge di Bilancio rappresentano un fatto straordinario - esce subito allo scoperto il capogruppo di Iv a Palazzo Madama Enrico Borghi - , che denota lo stato delle relazioni tra governo e Parlamento e le tensioni nella maggioranza». Ormai però l’esito della manovra è scritto. E «certo - continua Borghi - , se fossero state date prima, saremmo stati in presenza di un fatto politico di primo livello. In ogni caso, il significato attribuito a questo gesto di evitare la mortificazione del Parlamento per il futuro è un dato da sottolineare e da classificare come gesto coraggioso», e ora «impone al governo un impegno formale per il prossimo anno».

Dal governo, pronta la reazione del ministro dell’Economia, che si rammarica per il fatto che «non so da quanti anni purtroppo è così». Ma per Giorgetti, «siccome la legge di stabilità bisogna comunque riformarla in base alle nuove regole europee, è già partito un lavoro preliminare». Ma essendo «giustamente materia parlamentare e non di governo, l’iniziativa su queste cose deve essere parlamentare» e «noi - assicura - siamo assolutamente disponibili».

Molto più scettico di Borghi, però, il capogruppo del Pd Francesco Boccia non ci sta. «Pensavamo di averle viste tutte sulla manovra, ma oggi abbiamo toccato vette inaspettate con le dimissioni del senatore Liris», che, per il Pd, sarebbero pure tardive e poco chiare. Liris, si chiede Boccia, «si dimette contro il governo Meloni? In polemica con il suo partito che ha sottomesso i gruppi di maggioranza alla volontà ottusa del governo?». Ancora: «Questo livello di umiliazione non è mai stato raggiunto». Poi la replica al ministro leghista: «Prima le dimissioni di Liris, contro il suo governo, ora le parole di Giorgetti sulla modifica della legge di contabilità. Sono mesi che la invochiamo», tuona Francesco Boccia bollando tutto come «ipocrisia». Il Pd, ricorda, ha «chiesto con atti formali al presidente della commissione Bilancio di avviare l’iter per un ddl di riforma parlamentare che non abbiamo ancora visto e al governo, attraverso atti di sindacato ispettivo, di risponderci sulle differenze intervenute dopo l’adozione del Piano Strutturale di Bilancio».

I capigruppo di Pd e Iv chiedono al presidente del Senato Ignazio La Russa che la premier sia presente in Aula. E lui spiega che sarà lei a «decidere liberamente» ma che comunque «parleranno i presidenti dei gruppi, non potrà parlare né la presidente del Consiglio né altri».

Barbara Floridia, di M5s, replica alle antiche accuse di Meloni al Rdc: «Finalmente giovani e poveri non stano più sul divano, perché sono in fila alla Caritas».

Ma nel centrodestra tutti i partiti (che hanno piazzato le rispettive bandierine) sono soddisfatti per la promozione della Commissione Ue. Ancor più si compiace il ministro Giorgetti: le risorse erano poche ma alla fine «l'atteggiamento di prudenza adottato dal governo» ha premiato. Anche se, aggiunge, un «rammarico» c’è: «Avrei voluto fare di più per famiglia e figli».

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