«Ci sono malumori e maldipancia ma voteremo a favore della riforma». Alle 5 del pomeriggio il senatore Luigi Marino si appresta alla dichiarazione di voto a nome del suo gruppo di Area Popolare (Ncd e Udc). E anticipa il suo giudizio in chiaroscuro su una misura che comunque, spiega, «toglie vincoli e permette alle grandi popolari di autofinanziarsi e ricapitalizzarsi» con maggiore facilità. Del resto «nel settore c’è qualcosa che non funziona. Dunque intervenire non è di per sé sbagliato».
Senatore, allora cos’è che non la convince?Prima di tutto il metodo. Il governo Renzi ha una guida forte e si poteva permettere un percorso di dialogo e confronto senza fare corse frettolose. Un disegno di legge sarebbe stato meglio del decreto.
Nel merito che giudizio dà?Bisogna dire chiaramente che il vero motivo che sta dietro questa riforma è la scelta tecnocratica da parte dei regolatori europei. Bce ed Eba, e a cascata Bankitalia, vogliono disegnare un istituto di credito senza rischi, che possa aumentare il capitale sociale. Sono operazioni più semplici da fare con una Spa che con la forma societaria ibrida delle popolari, che in realtà non sono cooperative in senso stretto, tanto che le maggiori sono quotate in Borsa.
Una scelta obbligata?Va bene chiarire l’equivoco delle cooperative anomale ma ora il governo deve spiegare qual è la sua strategia per evitare la svendita del patrimonio bancario nazionale. Occorre infatti salvaguardare un certo grado di italianità nel sistema, per tutelare i risparmiatori ma anche gli impieghi, cioè i finanziamenti alle imprese e alle famiglie. Altrimenti se arrivano gli stranieri e i risparmi degli italiani li portano all’estero si pone un problema. Non credo che ci sarà un’invasione dall’estero ma un po’ di preoccupazione bisogna averla. Il tetto antiscalata permette di fare le cose con più calma.
Che cosa propone?Bisogna mantenere un legame tra banche e territori evitando che le piccole popolari vengano spazzate via e agevolando l’autoriforma delle banche di credito cooperativo. Con un modello come il francese Credit Agricole avrebbero una prospettiva di crescita enorme.