venerdì 10 maggio 2013
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Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ieri sera ha chiuso le porte, affermando che sui capannoni industriali e sui negozi l’Imu di giugno dovrà essere pagata. Una mazzata in più per il sistema delle imprese, già "stressato" da una crisi giunta ormai al sesto anno e che si troverà ora (ma per eredità delle vecchie norme "montiane") a pagare un super-acconto, con aumenti dal 50 al 200% della prima rata rispetto al 2012. Per questo si puntava su un rinvio anche per loro: un tema finito al centro della discussione che ha portato alla fine il governo a prendere tempo.E dire che l’anno scorso quasi metà del gettito dell’Imu - 11,7 miliardi su un totale di 23,7 - è arrivato proprio da qui. A ricordarlo è Confesercenti, la quale sottolinea che le aziende hanno pagato più del doppio rispetto alla vecchia Ici (che "pesava" su di loro soltanto per 5,6 miliardi). L’associazione ricorda, calcoli alla mano, che ben 6,5 miliardi provengono dagli "immobili strumentali" di proprietà delle imprese; mentre altri 5,2 miliardi sono stati versati per immobili strumentali di proprietà di ditte individuali. Cifre, queste, che lasciano capire l’entità dell’importo necessario per sospendere il pagamento anche sui capannoni, ipotesi capace di mandare in tilt (pur trattandosi per ora solo di una sospensione, appunto) i già fragili equilibri della finanza pubblica.Uno stop mancato che assume il sapore di una beffa per gli imprenditori. Le regole già in vigore riservano una doppia stangata rispetto ai valori, già elevatissimi, pagati un anno fa. La prima era già contenuta nel decreto "salva-Italia" di fine 2011, che aveva messo in calendario per quest’anno un nuovo aumento dell’8,33% per i valori fiscali di questi immobili (il moltiplicatore passa da 60 a 65) dopo gli incrementi del 20% già introdotti. La seconda è "riservata" a chi si trova nei Comuni che hanno aumentato le aliquote quest’anno o l’anno scorso: a giugno la rata si calcola infatti sulla base delle scelte locali (quelle del 2012, se non ci sono delibere nuove) e non più sull’aliquota standard del 7,6 per mille usata a giugno 2012. Anno durante il quale l’aliquota "ordinaria" è poi aumentata in media del 50,4% (ma con punte del 200%). E fra i Comuni che l’hanno gonfiata ci sono praticamente tutte le città maggiori, producendo nei fatti un rincaro pressoché generalizzato.
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