venerdì 22 marzo 2013
Il leader del Pd dovrà «verificare» se esiste un sostegno certo, poi «riferisca il prima possibile». Il Capo dello Stato: la soluzione resta difficile: «Io insisto sulle larghe intese».
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E Bersani sia, allora. Ma con un limite preciso. Ventitre ore dopo, Pier Luigi Bersani risale le scale del Quirinale per ricevere da Giorgio Napolitano l’incarico, prima ancora che di formare il governo, di «verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo» in tutte e due le Camere (con tanto di esplicito riferimento all’art. 94 della Costituzione). È la pre-condizione - molto forte - posta al leader del Pd, in assenza della quale il capo dello Stato potrebbe anche opporsi, la settimana prossima (Bersani dovrà riferire «appena possibile»), a quella che è l’intenzione del segretario, di presentarsi cioè in ogni caso davanti al Parlamento con un "suo" governo.Ed è lui, Napolitano, ribaltando la procedura solita, il primo a presentarsi ai giornalisti in attesa, anticipando il premier incaricato. Lo fa con un discorso lungo, totalmente inedito nella storia repubblicana, che ben spiega il particolarissimo momento che stiamo vivendo. In 10 cartelle l’inquilino del Quirinale, rivisti gli appunti (per usare la sua formula dell’altroieri), ha voluto spiegare agli italiani le ragioni che lo hanno indotto a dare a Bersani un mandato che, in quello che è subito diventato un "fine" dibattito fra costituzionalisti (originato dalla citazione fatta da Napolitano dello studioso Enzo Cheli), assomiglia più a una sorta di pre-incarico, per quel verbo usato, «verificare». Come già avvenne - ricordano gli storici - nel 1998 con il governo D’Alema. E pare che nella notte il presidente si sia fatto preparare dagli esperti tutti i precedenti al riguardo.È durato poco meno di mezz’ora il nuovo colloquio fra i due, finalizzato a compiere quello che il presidente ha definito «il primo passo del cammino che dovrà condurci al più presto» a un nuovo governo. Un problema che resta di «difficile soluzione» anche per il Colle, ma per il quale il capo della coalizione di centrosinistra «è obiettivamente in condizioni più favorevoli». Nessun partito ha detto al Colle che vuole tornare al voto, allora l’unica via che Napolitano vede percorribile è quella di una "coalizione ampia", proprio all’opposto di Bersani che finora ha rifiutato ogni approccio con il Pdl berlusconiano. Se si resterà al muro contro muro, il capo dello Stato non esclude comunque un altro tentativo, dopo: lo ha fatto intendere nell’accenno alla «necessaria discrezionalità, anche attraverso la creazione di diverse figure di incarico», che la «particolare stringatezza» della Costituzione (nella parte sulla prassi di formazione del governo) consente al Quirinale.Sull’esigenza di coinvolgere il Pdl, stante il fermo rifiuto del Movimento 5 Stelle (portatore comunque di «istanze di radicale cambiamento», ha riconosciuto), Napolitano è stato esplicito: «Insisto sulla necessità di larghe intese», ha detto. Prima ancora era stato Berlusconi il primo politico da lui citato, per ricordare che nelle consultazioni il Cavaliere gli ha prospettato «l’esigenza di un governo di vasta unione, che conti innanzitutto sulle due maggiori forze». E, dopo, ha voluto rimarcare che «la popolazione che più soffre per la crisi è interessata allo sviluppo di confronti concreti e costruttivi, piuttosto che a scontri totali e paralizzanti». Quelli che, ha ricordato "Re Giorgio", dopo essersi placati nei 13 mesi di governo Monti (con «importanti convergenze realizzate»), sono «riesplosi con la rottura di fine anno».Servono, queste intese, in un «forte spirito di coesione nazionale», almeno per le scelte «relative a garanzie di equilibrio istituzionale», per la «riforma del sistema politico-costituzionale», per gli «impegni di politica europea, internazionale e di sicurezza». Perché è «importante dimostrare alla comunità internazionale quanto teniamo alla stabilità istituzionale, non meno di quella finanziaria». Napolitano ha voluto circoscrivere con nettezza gli ambiti di una possibile collaborazione fra partiti diversi, in un passaggio che ha fatto pensare a un via libera del Colle a uno schema a "maggioranze variabili". D’altronde Napolitano ha pure precisato che le intese su particolari temi sono un «complemento» del processo di formazione del governo, che può esaurirsi «anche entro ambiti più caratterizzati e ristretti». Nella premessa Napolitano ha risposto anche a quanti (in particolare i grillini) criticano la «presunta lentezza» nei tempi: «Non è trascorso un mese dalle elezioni», e negli altri due stati in cui si è votato fra l’autunno e l’inizio 2013 sono occorsi, per formare i governi, «in Olanda 54 giorni e in Israele 55 giorni».
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