Sulle unioni civili torna la tensione nella maggioranza. Dopo l’intesa trovata nel Pd (con l’astensione di Area popolare) sulla riformulazione della premessa, incanalandola nel binario delle formazioni sociali, ex articolo 2, per tenerla ben distinta dalla famiglia (articolo 29) ecco l’intervento a gamba tesa di Monica Cirinnà. «I numeri per andare avanti ci sono», avverte la relatrice del disegno di legge, in Commissione Giustizia del Senato. Che arriva a definire la famiglia come una «formazione sociale», invertendo l’ordine dei fattori. «I cattolici - minimizza - chiedono di ampliare la distinzione tra unione civile e matrimonio, eliminando alcuni legittimi rinvii al codice civile. Io ho un mandato del mio partito a costruire l’unione civile dando alle persone dello stesso sesso i doveri e i diritti reciproci degli sposati», avverte. «Diritti sociali fiscali e previdenziali, reversibilità e, punto fondante delle primarie di Renzi, la
stepchild adoption - l’adozione del figlio del partner,
ndr - . Se i cattolici vogliono levare alcune piccole cose simboliche - concede - , come il riferimento alla filiazione, le leverò». Ricorda inoltre, nell’intervista al
Corriere della Sera che il testo base che porta il suo nome ha già avuto l’ok in commissione. Con il sostegno di M5S che, alle brutte, potrebbe tornare ancora buono.«È la conferma di quel che sapevamo», commenta Maurizio Sacconi, per Ap. «Brutale , ma sincera», concorda Carlo Giovanardi, capogruppo in commissione e intestatario di più di un migliaio di emendamenti ancora in discussione, «dei quali finora non uno - ricorda - è stato accettato».L’argomento è venuto fuori nel vertice di ieri fra Angelino Alfano e Matteo Renzi. Al termine del quale il segretario di Ap ha ribadito i suoi «paletti invalicabili»: il no «all’equiparazione con il matrimonio e alle adozioni. Non si può giocare sulle parole per eluderli», avverte. Deluso anche chi, nel Pd, più di altri si batte per cambiare in profondità il testo. Il deputato Franco Monaco ricava dalle parole di Cirinnà l’impressione inaccettabile di una «mera concessione nominalistica ai cattolici rappresentati come una setta minoritaria». Di «equilibrismi lessicali che non cambiano la sostanza» parlano Fabrizio Azzolini e Toni Brandi, presidenti dell’Associazione genitori (Age) e di
Pro vita, che lanciano una petizione contro il provvedimento. «Il testo va riscritto dalle fondamenta», avverte anche Gian Luigi Gigli di Per l’Italia e presidente del Movimento per la Vita.Il coordinatore di Ap Gaaetano Quagliariello registra amaramente che «nella sostanza c’è chiusura assoluta», perché il vero obiettivo «non è assicurare ai conviventi mutua solidarietà, ma legittimare forme di genitorialità surrogata, a prescindere dai diritti dei bambini», ossia l’utero in affitto. Materia sulla quale il deputato Alessandro Pagano vede un «ipocrita gioco delle tre carte». Paola Binetti, dopo averci sperato, vede un Pd «ambiguo. Si faccia chiarezza», chiede. Cirinnà, da parte sua, minaccia che si possa andare in aula senza relatore, senza maggioranze precostituite e senza un testo già vagliato. «Sarebbe un Vietnam politico», avverte Maurizio Gasparri, pronto a dare battaglia per Forza Italia.