sabato 4 marzo 2023
La lunga lotta con un tumore ovarico, l'impegno per tutte le malate oncologiche come lei, la fede, la famiglia, gli amici: Silvia Simoncini Romanelli, morta a Firenze, ha lasciato una scia luminosa
Silvia Simoncini Romanelli, per tutti "Sissa"

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Una «fervida testimonianza di fede, che l’ha resa capace di offrire la sua malattia per la gloria di Dio, spendendosi nell’aiuto concreto di tante altre donne colpite dallo stesso male e ricordando a tutti noi il volto di Colui che dà senso alle gioie e ai dolori della vita». Così Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ricorda Silvia Simoncini Romanelli, la giovane fiorentina morta ad appena 28 anni. Ai funerali, celebrati ieri nella basilica di Santa Maria Novella a Firenze, c’erano tanti giovani, tanti amici di Cl che con Silvia hanno condiviso gli anni dell’adolescenza e della crescita, ma anche tante persone incrociate nel suo lavoro di educatrice professionale e nella sua attività di volontariato.

A Silvia (Sissa, come in tanti la chiamavano) era stato diagnosticato un carcinoma ovarico, forma di tumore ancora poco conosciuto. Nel 2020 aveva fondato Acto Toscana, affiliata con l’associazione che a livello nazionale combatte il tumore ovarico: «Ho accettato con entusiasmo – spiegava – la sfida di aprire e fondare Acto Toscana, per mettere a servizio di altre donne speciali la mia esperienza, per non farle sentire sole». Così lei stessa si raccontava sul sito dell’associazione: «L’esperienza della malattia ti cambia la vita, è un punto preciso nella tua storia personale che segna un prima e un dopo, serve quindi creare associazioni come Acto perché ti aiutino a trasformare questi cambiamenti in strumenti di arricchimento e non di condanna. Io personalmente ho imparato a dare valore alla mia vita, agli affetti, alle cose essenziali della vita, vedo il mondo con occhi diversi, più belli». E in un’intervista, nel 2020, confidava: «Il mio rapporto con la fede si è intensificato tanto in questo periodo. Ho saputo di tante persone che in Italia e all’estero hanno pregato per me. Questa vicinanza mi ha aiutata tanto».

Un approccio con la malattia i cui riflessi si sono visti al funerale, con tantissimi che hanno riempito la chiesa per stringersi intorno ai genitori e al marito, Matteo: si erano sposati un anno e mezzo fa, in quella stessa basilica. Al termine della celebrazione, lui ha raccontato il cammino di consapevolezza, fatto insieme, intorno alla malattia: quando lei ha percepito di essere alla fine, ha chiamato intorno a sé le persone più care, ha ringraziato tutti, trasmettendo serenità e fiducia. A celebrare il funerale lo stesso prete che li aveva sposati, don Ignacio Carbajosa: con lui (che al Meeting di Rimini alcuni anni fa aveva curato una mostra su Giobbe e la sofferenza) avevano seguito un percorso di fede. Tra i presenti alla Messa anche il padre di Caterina Morelli, anche lei morta giovanissima dopo aver dato una toccante testimonianza di fede e serenità nella sofferenza. Due donne, due storie diverse, la stessa capacità di rispondere al dolore col sorriso e con la preghiera. Riccardo Bigi Silvia Simoncini Romanelli

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